
L’intervista di oggi è stata dolorosa da scrivere e immagino lo sarà anche da leggere. Non tanto perché parla di un’esperienza particolarmente drammatica di demenza frontotemporale, quanto invece per tutto quello che ci sta attorno: ovvero la sensazione di vivere in un mondo in cui la carenza di risposte tempestive e concrete è pervasiva e l’abbandono delle famiglie va ben oltre l’assurdo.
Anche questa volta, il doppio pregiudizio, demenza non-Alzheimer ed esordio in età giovanile, si è rivelato micidiale. Non solo ci sono voluti anni perché i medici riconoscessero i sintomi della malattia di Carmine, diagnosticato a soli 48 anni. Ma anche quando i suoi sintomi avevano una causa e un nome, tanti addetti ai lavori che avrebbero dovuto aiutarlo si sono invece comportati come se avessero avuto a che fare con un morbo misterioso venuto dallo spazio.
Eppure la demenza frontotemporale è una delle prime cinque tipologie di demenza al mondo. Milioni di persone ne sono affette. Anche in Italia, a occhio e croce, le persone con questa diagnosi dovrebbero essere intorno a qualche centinaia di migliaia. Ciononostante, quando le persone con questa forma di demenza vengono ricoverati in ospedale o davanti alle commissioni per il riconoscimento dell’invalidità vengono rifiutati dal sistema.
Nemmeno i servizi sociali e il sistema socio-assistenziale spesso fanno fatica a rispondere in maniera adeguata per evitare che le famiglie si sgretolino sotto il peso dell’impatto della malattia. Ad oggi Carmine è ancora in attesa di ricevere l’indennizzo di accompagnamento previsto per legge per chi non è più auto-sufficiente. Nel frattempo da oltre un anno vive in una struttura residenziale, assistito 24 ore su 24. La cosa più grave è che la sua storia non è l’eccezione: in molte aree d’Italia – e non parlo solo del Sud, ma anche del nostro ricco Nord e del Centro – per chi è colpito da una demenza che non si chiama Alzheimer e che colpisce in giovane età, l’abbandono da parte delle istituzioni (e spesso anche dal resto della società) è la regola.
E quindi, ancora una volta, faccio un appello ai nostri politici locali, regionali e nazionali: servono finanziamenti e piani di intervento concreti – è davvero assurdo che nel nostro Bel Paese continuino a ripetersi situazioni come quelle di Stella e Carmine. Le demenze a esordio precoce stanno aumentando, far finta di nulla, magari sperando che il problema vada via da solo, è come cercare di fermare uno tsunami con una mano.
La testimonianza di Stella e Carmine

Ciao Stella, come vuoi presentarti?
Sono Stella, ho 44 anni, sono sposata a Carmine da 18 anni ma in realtà stiamo insieme da 22 anni. Abbiamo due figli di 17 e 12 anni, Alfonso e Daniele. Insieme viviamo a Somma Vesuviana, in provincia di Napoli, una città molto solare e bella, sia da visitare che da vivere.
Che lavoro fai?
Lavoro come insegnante di sostegno alla scuola materna. Anche se è un impiego a tempo determinato, il mio lavoro è molto importante per me…. anche perché è stato un traguardo faticoso da raggiungere – tra l’altro in un periodo molto difficile per la mia famiglia perché era proprio il periodo in cui mio marito cominciava a mostrare i primi sintomi di malattia.