Quando si parla di sintomi della demenza è importante partire dalla premessa che ogni persona è unica e la demenza colpisce ognuno in modo diverso. Ciò significa che in nessuna persona i sintomi si sviluppano esattamente nello stesso modo (Alzheimer’s Disease International, I volti della demenza). La variabilità della malattia dipende non solo dalla forma di demenza diagnosticata (es. Alzheimer, demenza vascolare, a corpi di Lewy, etc.), ma anche dalle modalità con cui si affrontano le difficoltà e i deficit che ne conseguono, dalle specifiche esigenze della persona che si ammala e dall’ambiente in cui tali bisogni vengono accolti e soddisfatti.
Poiché gli aspetti più difficili della demenza riguardano sia comprendere come e perché si manifestano i sintomi e sia il loro impatto sulla vita quotidiana di chi li vive in prima persona, ho pensato di riportare il punto di vista di Christine Bryden, nota attivista australiana per le persone con demenza che nel 1995 è stata diagnosticata di demenza frontotemporale e malattia di Alzheimer. Il testo che segue è tratto dal suo libro Who will I be when I die? (Chi sarò quando morirò?) in cui Christine spiega i sintomi e comportamenti associati alle fasi iniziali della malattia alla luce della sua esperienza personale.
I sintomi associati allo stadio iniziale (demenza lieve) spiegati da una persona con demenza
Vi chiediamo pazienza e comprensione quando siamo…
- Apatici, con ridotta vivacità, perché non siamo più capaci di stare al passo con tutto ciò che succede intorno a noi e di conseguenza siamo preoccupati di dire o fare cose inappropriate alle circostanze;
- Meno interessati agli hobby e ad attività quotidiane, perché adesso ci stanchiamo facilmente e il nostro cervello deve lavorare di più anche per cose/attività che una volta erano semplici;
- Riluttanti a provare cose/attività nuove, perché imparare tutto ciò che è nuovo è per noi molto difficile e richiede così tanta ripetizione da parte di chi spiega o insegna che ci preoccupiamo di quanto sarà faticoso;
- Incapaci di adattarci al cambiamento, perché tendiamo a confonderci; mentre il modo per fare le cose che abbiamo imparato in passato è un qualcosa di acquisito nella nostra memoria, tutto ciò che è nuovo e da imparare tende ad essere dimenticato;
- Meno capaci di pianificare o prendere decisioni, perché per prendere una decisione è necessario tenere a mente e ordinare allo stesso tempo molte informazioni. Poiché la nostra capacità di archiviare dati è limitata, questo tipo di funzioni è per noi più difficile;
- Più lenti ad afferrare concetti complessi quando, ad esempio, dobbiamo prendere delle decisioni complicate. Ciò accade perché le nostre limitate capacità di archiviare informazioni ci impediscono a volte di capire fino in fondo idee complesse o di comprenderle in maniera appropriata;
- Pronti a biasimare gli altri per aver “rubato” oggetti mal riposti, perché la nostra capacità di ricordare eventi recenti è così difettosa da convincerci sinceramente di aver lasciato un oggetto in un determinato luogo ed eliminare invece il ricordo di ciò che ne abbiamo fatto veramente di quell’oggetto. Ecco perché quando non riusciamo più a trovare qualcosa, siamo portati a pensare che lo abbia preso qualcun altro.
- Più egocentrici, meno interessati agli altri e ai loro sentimenti, perché il nostro cervello richiede così tanta energia che il solo riuscire ad andare avanti con/per noi stessi ci sembra una conquista. Ascoltare e capire i bisogni degli altri è per noi stressante perché spesso non riusciamo a seguire quello ci stanno dicendo e ci preoccupiamo di rispondere in maniera inadeguata;
- Più smemorati rispetto a dettagli di eventi recenti, perché non siamo più in grado di registrare nella nostra memoria tutto ciò che ci accade. Ciò può succedere sia perché questa funzione richiede molto sforzo da parte nostra e sia perché la nostra capacità di archiviare informazioni si è esaurita e non è più in grado di registrare nuovi ricordi;
- Tendenti a ripeterci o dimenticare quello che stavamo dicendo/pensando… A volte mi sento come se si fosse incantato il disco! Tenere a mente ciò che stiamo dicendo richiede molta energia. Ogni piccola interruzione solitamente ci fa “perdere il filo”.
- Più irritabili o agitati se non riusciamo a fare qualcosa, perché anche se vorremmo disperatamente essere ancora normali, siamo consapevoli che c’è qualcosa che non va in noi. Quando facciamo uno sforzo per compiere un’azione abbiamo così poche energie a disposizione che se falliamo nel nostro intento non abbiamo le risorse necessarie per “riderci sopra”;
- Tendenti a perseguire ciò che ci è familiare e respingere ciò che non conosciamo, perché tutto ciò che è nuovo richiede molto sforzo. Le nostre menti si esauriscono così velocemente che qualsiasi cosa che è per noi nuova ci fa andare in ansia per paura di perderci o di sbagliare.