“I professionisti della salute fanno fatica a gestire umanamente la fragilità, non tenendo nel debito conto che fragilità e complessità sono spesso la norma e non l’eccezione quando si affronta ogni malattia di un anziano.” (Ferdinando Schiavo in “Malati per forza”)
Da quando ho iniziato a occuparmi di demenza, ho conosciuto un numero inquietante di familiari in forte difficoltà a causa delle terapie farmacologiche prescritte per i loro ammalati. Durante gli incontri del nostro gruppo di auto mutuo aiuto dedicato alle demenze frontotemporali e nei tanti gruppi di auto mutuo aiuto dedicati all’Alzheimer che popolano facebook appaiono decine di domande angoscianti: Sarà il farmaco giusto? Perché non vedo nessun effetto? Perché a mio cognato/vicino di casa/amico è stato prescritto questo farmaco e al mio familiare no? Perché da quando mio marito/mia moglie/mio padre/mia madre… assume questo o quel medicinale ha cominciato a essere più/meno agitato, confuso, disorientato, assonnato, scoordinato, inappetente, ecc.? La mia impressione è che queste domande nascono da un unico grande problema: la mancanza di informazione.
Per quanto sia una convinta sostenitrice dell’auto mutuo aiuto, mi sconvolge pensare che informazioni così delicate e importanti siano veicolate da persone che non hanno la preparazione medica necessaria a comprendere la complessità e unicità di ogni caso clinico. E tuttavia, se mi metto nei panni di queste persone mi chiedo: se fossi nei loro panni non farei lo stesso? Probabilmente sì, se il mio medico non mi fornisse tutte le informazioni necessarie a comprendere l’impatto inaspettato dei farmaci prescritti, anch’io proverei a chiedere in giro se altri come me hanno avuto un’esperienza simile, se quello che mi sta succedendo è “nella norma” o se le mie preoccupazioni sono fondate. Ciononostante, oltre a chiedere ad amici e parenti, proverei anche a recuperare il maggior numero di fonti autorevoli per capire meglio l’origine del problema.
Se poi avessi superato da un po’ i grandi “anta” o avessi una malattia neurodegenerativa, tra queste fonti includerei il libro del Dott. Schiavo “Malati per forza: Gli anziani fragili e gli eventi avversi neurologici da farmaci” perché è uno dei pochi volumi in circolazione che discute apertamente queste problematiche partendo dalle nozioni di base sulle principali patologie neurologiche che ci colpiscono quando invecchiamo. Dalla malattia di Parkinson alle principali demenze, dall’attacco ischemico transitorio all’ipotensione ortostatica, dalle sincopi e svenimenti, alle cause più frequenti delle cadute: per tanti versi, Malati per forza non è un libro ma una mini-enciclopedia corredata da 35 casi clinici che raccontano l’esperienza diretta dell’autore.
Il Dott. Schiavo e la “medicina della fretta”
Ferdinando Schiavo è per sua stessa definizione un onesto artigiano della neurologia e della neurologia dei vecchi con oltre 40 anni di esperienza clinica e un particolare interesse per le persone che si ammalano di Parkinson, parkinsonismi e demenze in generale. Oltre ad aver lavorato a Udine per quasi 30 anni nel reparto neurologico ospedaliero e altri 6 nell’ambulatorio dell’Unità Valutazione Alzheimer, è stato responsabile dell’ambulatorio UVA al Distretto Socio Sanitario di Codroipo (Udine). Pur continuando la libera professione e dando una mano a diverse realtà udinesi dedicate alle demenze, da qualche anno dedica sempre più tempo alla scrittura (se volete leggere un po’ dei suoi articoli potete consultare il suo sito ufficiale e il sito Per Lunga Vita) e alle conferenze (nel suo sito potete trovare gli eventi dove parteciperà nei prossimi mesi).
La prima volta che l’ho incontrato di persona a Udine, la sua città di adozione, quello che mi ha colpito di più di questo “medico atipico” è stato il profondo rispetto per la dignità dei suoi pazienti. Durante una conferenza che ha tenuto a Barbarano Vicentino lo scorso venerdì, l’ho sentito dire una frase molto bella sulla sua filosofia della salute: “La persona malata è una storia”. Per il Dott. Schiavo non ha senso ridurre un paziente a una malattia, a un pezzo del suo corpo o a un insieme di sintomi. Il corpo, la mente, le relazioni sociali, lo stile di vita, l’ambiente domestico e la comunità, la propria storia personale e professionale, la personalità e le sue sfacettature… – questi sono i famosi ingredienti essenziali dell’approccio alla persona a tutto tondo che Tom Kitwood indicava già negli anni ’90 come aree di intervento essenziali per aiutare chi è colpito da un decadimento cognitivo. Queste sono anche le componenti che il Dott. Schiavo considera quotidianamente nella sua pratica clinica per aiutare i suoi pazienti attraverso interventi che vanno ben oltre la prescrizione farmacologica.
Questo non significa che il Dott. Schiavo non creda nell’importanza dei farmaci – tutt’altro. Quello che lo preoccupa è assicurarsi che le terapie farmacologiche rispondano ai bisogni e alle complessità di una popolazione come quella anziana che risulta essere particolarmente vulnerabile agli effetti indesiderati causati dai medicinali. E’ proprio per rispondere a questa preoccupazione che ogni argomento trattato nel suo libro – dalle patologie neurogeriatriche più comuni ai consigli per invecchiare meglio – è mirato a illustrare i limiti e i rischi dell’approccio frettoloso e ageista tipico della nostra epoca che non riesce a tenere conto degli equilibri precari di chi ha già i capelli bianchi e convive con una o più patologie croniche o degenerative.
Il lato peggiore della “medicina della fretta” (come la chiama il Dott. Schiavo) e dei pregiudizi ageisti è che spesso si traducono in valutazioni sommarie ed errori terapeutici. La colpa non è tanto di questo o di quel medico, quanto piuttosto di una frammentarietà sistemica che sminuzza ogni paziente in piccoli pezzi di un puzzle ed elude il quadro di insieme.
Di contro, il Dott. Schiavo, invoca la necessità di una “medicina lenta”, basata su una ricognizione approfondita e multidimensionale di ogni paziente al fine di esplorare come e perché si è ammalato.
Ad esempio, nello schema sottostante il Dott. Schiavo illustra le diverse aree bio-psico-sociali da considerare nella valutazione di pazienti con patologie sovrapposte di demenza e parkinsonismo. Ogni intervento su una o più aree di intervento (ad esempio, un farmaco per limitare eventuali disturbi comportamentali) genera un effetto (prevedibile o inaspettato) anche sulle altre aree:
Il problema è che l’indagine e la presa in carico multi-dimensionali del paziente sono ancora una rarità. Il modus operandi è invece quella frammentarietà trasversale che aumenta il rischio di incidenti di percorso quali sono appunto gli effetti indesiderati dei farmaci.
Gli eventi avversi causati da farmaci negli anziani
Nei capitoli iniziali di Malati per forza vengono riportati i dati rilevati dal rapporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) del 2013 secondo cui “in Italia, su circa dodici milioni e mezzo di ultrasessantacinquenni, sei milioni hanno sul comodino da 5 a 9 farmaci da assumere al giorno, sette milioni e mezzo almeno 5 farmaci. La mancata e adeguata informazione, oppure qualche effetto collaterale o un Evento Avverso, fanno sì che l’aderenza alla terapia sia carente, addirittura nel 60% dei casi”.
Non a caso, le condizioni patologiche indotte da trattamenti terapeutici (eventi avversi o iatrogeni) sono state incluse tra le sindromi geriatriche in quanto responsabili di oltre il 10% delle ospedalizzazioni degli anziani (e almeno del 20% degli ultraottantenni). Queste sono cifre che non solo fanno paura ma danno anche una spiegazione piuttosto concreta alla disperazione diffusa a cui mi riferivo all’inizio di questo articolo.
Come osserva il Dott. Schiavo, non solo gli eventi iatrogeni sono direttamente proporzionali al numero di medicinali assunti e al livello di fragilità della persona, ma possono anche dare luogo a malattie altamente invalidanti o degenerative:
“Molti sintomi o segni che si incontrano nella medicina di base e in neurologia possono essere indotti da farmaci e a volte, associandosi tra di loro, in modo peculiare nell’anziano, possono dare luogo a manifestazioni di interesse neurologico di vario tipo che spesso assomigliano ad alcuni importanti e noti quadri clinici, come la malattia di Parkinson, le demenze, l’epilessia ed altre malattie ancora.”
In pratica, aggiunge l’autore, le variazioni “farmacocinetiche” che si vengono a creare nel corpo di una persona anziana (ovvero che modificano il modo in cui i farmaci vengono assorbiti, distribuiti, metabolizzati ed eliminati dal nostro corpo – quali ad es. riduzione dell’acqua corporea, delle proteine plasmatiche, della funzionalità renale, ecc.) generano un’elevata sensibilità all’azione dei farmaci, la quale a sua volta si traduce in una più frequente suscettibilità agli Eventi Avversi.
Oltre a spiegare come funzionano i farmaci, come agiscono sul nostro processo biologico, come vengono sperimentati e testati, nel capitolo “Il viaggio del farmaco” si parla della differenza tra effetto collaterale ed evento avverso:
“L’effetto collaterale, in medicina e in farmacologia, indica genericamente qualsiasi conseguenza spesso, ma non sempre, prevista o non desiderata (e non necessariamente nociva) legata all’azione farmacologica di una sostanza. L’effetto collaterale è sempre non intenzionale e viene evidenziato a dosi normalmente impiegate.”
L’evento avverso (EA) è “l’effetto dannoso e non voluto legato all’azione del farmaco. La reazione avversa (anche nota come ADR = Adverse Drug Reaction), sinonimo di EA, è una qualsiasi reazione nociva non intenzionale che si verifica a dosi normalmente usate in terapia o che si può verificare a seguito di particolari modifiche fisiologiche come la gravidanza, l’allattamento, la senescenza o alcune patologie che determinano un cambiamento della fisiologia dell’organismo e le sue modalità di metabolizzazione.”
Quando la reazione avversa provoca un danno neurologico (es. un parkinsonismo, attacco epilettico, una demenza) si parla invece di evento avverso neurologico (EAN).
L’evento avverso può provocare l’insorgenza di una nuova patologia, definita iatrogena (cioè mediata o determinata da farmaci) che potrebbe comportare anche la morte della persona (Malati per forza, pp. 27, 30-31).
Demenze, malattia di Parkison e parkisonismi
Vorrei infine dare qualche indicazione su uno dei capitoli del libro più significativi per i lettori di questo blog dedicato alle demenze, alla malattia di Parkison, ai parkinsonismi e al delirium. Oltre a dedicare ampio spazio ai principali aspetti clinici, psicosociali e terapeutici della malattia di Parkinson, dei parkinsonismi e delle demenze, il Dott. Schiavo riserva una particolare attenzione alle potenziali aree di sovrapposizione tra queste patologie:
“Una demenza degenerativa o vascolare può complicarsi facilmente con disturbi motori di tipo parkinsoniano così come la malattia di Parkinson, diversi parkinsonismi e la corea di Huntington […] vanno spesso incontro, nel loro decorso, a problemi cognitivi e comportamentali.
Inoltre, le sovrapposizioni di sintomi cognitivi, comportamentali e motori possono crearsi per evoluzione “naturale” di ognuna di queste malattie a causa dell’interessamento patologico progressivo di aree inizialmente non coinvolte oppure per intervento della “scienza”, ovvero in seguito alla somministrazione di farmaci dagli Eventi Avversi Neurologici prevedibili e solo in pochi casi imprevedibili.”
Molto interessante e di estrema importanza è anche la sezione dedicata ai parkinsonismi e ai sintomi tipici della malattia di Parkison che possono essere indotti dall’uso di farmaci – in questo caso si parla di “parkinsonismo secondario ai farmaci”:
“Il quadro clinico può apparire del tutto simile a quella della Malattia di Parkinson ma con una sostanziale differenza evolutiva: la sospensione tempestiva (!) del farmaco sospettato di provocarlo, può restituire al paziente lo stato motorio e psichico che aveva prima che lo assumesse”.
A questo proposito, il Dott. Schiavo fornisce non solo un elenco di farmaci che possono provocare parkinsonismi, ma offre anche diversi esempi dalla propria pratica clinica che descrivono gli effetti del prima e dopo la sospensione della cura.
Nel capitolo vengono inoltre offerte preziose informazioni sulle complessità delle funzioni cognitive e sui principali cambiamenti di comportamento che emergono nelle demenze, sulla complicata relazione tra demenza, depressione e apatia, sulle terminologie utilizzate nelle valutazioni neuropsicologiche e sui possibili limiti interpretativi del Mini-Mental Test (MMSE) utilizzato nella maggior parte dei centri diagnostici italiani.
Per chi volesse avere un’anteprima dei contenuti e dell’indice del libro, può consultare gratuitamente questo link di Google Books (p.s. se avete un account con Gmail, l’accesso alle pagine è ancora più ampio). Buona lettura!