Cercasi persone con CADASIL

foto articolo su cadasil

Il post di oggi è dedicato a una forma rara di demenza chiamata CADASIL. L’idea di questo articolo è nata da una precisa richiesta pervenutaci da Claudia, una signora che convive con questa malattia da quasi trentanni e che sta cercando di mettersi in contatto con altre persone che hanno ricevuto questa diagnosi.

Nella seconda parte dell’articolo (scritta dal nostro psicologo Dott. Omar Ferro) abbiamo incluso qualche informazione in più sulle cause e i sintomi di questa malattia, apparentemente molto più diffusa di quel che dicono le statistiche epidemiologiche.
Ma soprattutto, se potete, aiutateci a diffondere questo messaggio.

Grazie anche da parte di Claudia,
Eloisa


La mia diagnosi di CADASIL: un approdo dopo quasi 30 anni di attesa

Sono Claudia, vivo a Varese in Lombardia. La mia storia inizia quando avevo 32 anni, nel 1992. Una sera tardi mi arriva un dolorosissimo mal di testa, accompagnato poi da una emiparesi al lato sinistro del volto, con perdita di forza al braccio ed alla gamba sinistra e difficoltà alla parola.

Ricoverata d’urgenza per sospetto di un’emorragia cerebrale, mi verrà poi diagnosticato un TIA (attacco ischemico transitorio). In realtà questa è solo la prima di una lunga serie di diagnosi: solo poi nel tempo verrà diagnosticata una micro-emorragia cerebrale iscrivibile a quell’evento.

Ad ogni modo, i sintomi della micro-emorragia rientrarono dopo circa 72 ore e nessun medico ebbe una spiegazione efficace a spiegare i motivi dell’accaduto.

Nei vent’anni seguenti ci furono molti di questi episodi, non associati ad alcuna emicrania, ma ci furono anche altrettanti episodi di dolorosissime emicranie.

Tutti i tentativi di cure fallivano. In un ricovero nel 2003, dopo un attacco ischemico piuttosto pesante, poiché nella Risonanza Magnetica si vedevano alcune lesioni, i medici pensarono a Sclerosi Multipla (malattia di cui avevano già supposto in precedenza). Tuttavia, dopo varie indagini diagnostiche, questa ipotesi si rivelò sbagliata.

Nel frattempo, non solo la mia vita proseguiva senza cure ma era costellata da emicranie violente e continui attacchi come quelli descritti sopra. Poi, nel 2014, improvvisamente perdo conoscenza e cado in casa mia, sbattendo violentemente il viso e un ginocchio (ancora oggi ne porto le conseguenze). Vengo ricoverata in una “Stroke Unit” (ndr. Unità di Patologia Cerebrovascolare) per il sospetto di un ictus che verrà poi diagnosticato solo in seguito.

Da questo ricovero i medici accertano delle lesioni cerebrali della sostanza bianca (leucoencefalopatia) ed altre lesioni che porteranno poi alla diagnosi di “demenza vascolare”. Gli stessi medici però mi dicono che sono troppo giovane per avere questi sintomi e così, rivolgendomi a ospedali diversi dove vengo sottoposta ad altri ricoveri, mi viene somministrato il Test del Genoma, ovvero il test genetico per la malattia di CADASIL.

Tutti i test eseguiti finora hanno sempre dato esito positivo. A questo punto mi viene diagnosticata, finalmente, la “malattia dei piccoli vasi cerebrali” dovuta alla CADASIL. Perché dico “finalmente”? Perché così ho scoperto finalmente di cosa si tratta, del perché dei miei attacchi ed anche delle possibili cure.

Ora cure non ne esistono né per la CADASIL né per la demenza vascolare. Tuttavia esistono medicinali che aiutano a bloccarne i sintomi.

Gli attacchi purtroppo continuano ancora oggi, a cui si sono aggiunti altri sintomi poco simpatici (perdita sporadica e temporanea della memoria a breve termine, difficoltà di linguaggio – es. trovare le parole – difficoltà ad organizzare le giornate, sbalzi d’umore). Vorrei avere una “pillola magica” che risolva tutto ma non c’è.

Io però credo nella scienza e nella ricerca e sono convinta che, certamente, i medici-ricercatori, riusciranno a trovare una cura idonea. Almeno che, pur non potendo curare la malattia in quanto dovuta ad una mutazione genetica, riusciranno a trovare un modo per fermare il suo decorso.

Un abbraccio a tutti coloro che leggeranno questa testimonianza e “buona vita”.

Claudia


Se desiderate mettervi in contatto con Claudia, potete scrivere un’email (includendo anche il vostro numero di telefono) a info@novilunio.net oppure potete chiamarci al n. 350 1546221.

Cos’è la CADASIL

CADASIL è un acronimo che sta per “Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy with Subcortical Infarcts and Leukoencephalopathy”, cerebropatia autosomica dominante a infarti lacunari sottocorticali e leucoencefalopatia. Il termine fu coniato nel 1993 quando se ne scoprì la causa genetica. Prima di allora la malattia era conosciuta sotto il nome di “demenza ereditaria multi-infartuale”.

CADASIL è, infatti, una malattia con un elevato fattore di ereditarietà associata alla mutazione genetica che colpisce il gene NOTCH3 di cui sono state finora individuate circa 150 mutazioni.

È caratterizzata da una progressiva occlusione delle arteriole cerebrali che causano ictus ischemici e che possono a loro volta provocare piccole lesioni cerebrali. Tali lesioni possono compromettere varie funzioni cerebrali e, più in generale, del sistema nervoso.

Si tratta di una malattia così rara che risulta sconosciuta anche a molti medici. Nonostante la bassa casistica, recentemente la malattia ha attirato l’interesse sia in ambito clinico che di ricerca in quanto può nascondersi dietro patologie molto più frequenti, come gli attacchi ischemici.

Infatti, come scrive la Dott.ssa Anna Bersano, che lavora presso l’Unità Operativa di Malattie Cerebrovascolari della Fondazione I.R.C.C.S. Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano, si ritiene che circa l’1-5% degli ictus possa essere associato a CADASIL. Nell’80% dei casi, il principale sintomo della CADASIL si tratta proprio dell’ictus, ma essa può manifestarsi anche attraverso emicranie, disturbi di memoria, decadimento cognitivo, convulsioni, manifestazioni psichiatriche e disturbi dell’umore.

A volte, la CADASIL può evolvere in un deterioramento cognitivo progressivo, caratterizzandosi di fatto come una forma di demenza su base vascolare multi-infartuale che può causare anche gravi disabilità.

Il percorso diagnostico

Innanzitutto, prima di arrivare alla diagnosi di CADASIL può passare molto tempo. I micro-infarti, questi ictus ischemici focali spazialmente molto limitati che risultano come micro-lesioni ad una risonanza magnetica o ad una TAC, possono avvenire senza alcun sintomo.

Ciò comporta che una persona può non sapere di avere la CADASIL e l’accertamento della sua esistenza deve necessariamente essere vagliato dal parere di un medico che dispone di metodiche radiologiche.

La conferma della diagnosi di solito avviene eseguendo un test genetico che consente di individuare la mutazione del gene NOTCH3. Tuttavia esistono anche altri indicatori della malattia che possono contribuire alla sua identificazione. L’esame genetico serve anche per identificare la variabilità fenotipica della CADASIL e quindi definire i fattori di rischio per elaborare una terapia specifica (vedi anche sezione sotto dedicata alla gestione dei sintomi).

Come si manifesta la malattia

La CADASIL è una condizione lenta e progressiva con una variabilità molto alta a livello individuale. E’ caratterizzata da 5 sintomi principali: attacchi ischemici transitori (TIA) e ictus ischemici ricorrenti; declino cognitivo, emicrania con presenza di aura; disturbi dell’umore; apatia.

Gli attacchi ischemici transitori (TIA) e gli ictus, le manifestazioni più frequenti della CADASIL, sono state accertate approssimativamente nell’85% degli individui con sintomatologia tipica  (Dichgans et al 1998). È una malattia che può presentarsi a varie età nella persona adulta. L’età media di inizio degli eventi ischemici è di 47 anni, con un esordio variabile dai 20 ai 70 anni (Opherk et al 2004).

Gli attacchi ischemici transitori (TIA) sono degli episodi di esaurimento dell’ossigeno, causati dalla chiusura di una piccola arteria che trasporta sangue e ossigeno e che causa danni al tessuto cerebrale.  I sintomi sono simili a quelli di un ictus, ma passano nel giro di qualche ora e comunque entro 24 ore. I sintomi più comuni dei TIA sono: paresi di media entità, sensazione di intorpidimento nel braccio o nella gamba su un lato del corpo. La condizione solitamente migliora nel giro di pochi giorni.

Chi viene colpito da un ictus minore potrebbe riscontrare difficoltà nell’eloquio, episodi temporari di perdita di memoria o altri problemi nella sfera cognitiva.

Il termine ictus è usato a seguito della chiusura o della rottura di un’arteria. Si parla di ischemia quando c’è un’occlusione e il cervello non riceve più sangue; quando invece il cervello viene inondato da sangue travasato da un’arteria rotta si parla di emorragia. Quando questo succede, una parte del cervello non riceve più il sangue (quindi, ossigeno e nutrienti) di cui necessita. Dopo pochi minuti, le cellule cerebrali sono irrimediabilmente danneggiate, causando un infarto cerebrale. 

Un altro sintomo tipico della CADASIL è l’emicrania, che comincia solitamente a 20 anni ma ha un’età di comparsa variabile. L’emicrania causata dalla CADASIL è un’emicrania “complessa”, in cui, in aggiunta all’emicrania, coesistono dei sintomi neurologici a breve durata come disturbi della visione, sensazioni di intorpidimento in un lato del corpo o disturbi del linguaggio.

Chi ha la CADASIL può anche avere sintomi associati ad ansia e depressione. Non a caso, la depressione è molto frequente nelle persone che hanno avuto un ictus. Solitamente migliora con il tempo, anche se potrebbe rivelarsi necessario intervenire con trattamenti farmacologici. In alcuni casi la depressione può essere uno dei primi sintomi della CADASIL.

Talvolta le persone con CADASIL possono vivere momenti di temporanea confusione e alterazioni dello stato di coscienza. Tali episodi possono durare qualche ora o qualche giorno e spesso sono associati a febbre e convulsioni, solitamente dopo un attacco di forte emicrania. Questa condizione è conosciuta come encefalopatia. Essa tende a scomparire nel giro di una o due settimane ed è solitamente reversibile in quanto non ha impatti negativi a lungo termine.

Anche le funzioni cognitive possono subire gli effetti della CADASIL, con un peggioramento lento e progressivo. Per il deterioramento cognitivo esiste molta variabilità sia in termini di tipologia dei sintomi e sia in termini di gravità. Talvolta le lesioni cerebrali possono comportare difficoltà nelle funzioni cognitive superiori, quali linguaggio, memoria, attenzione e abilità visuo-spaziali (ovvero abilità di elaborare informazioni e stimoli visivi e percettivi dell’ambiente in cui siamo). Tali sintomi possono emergere soprattutto in condizioni di affaticamento e difficoltà di concentrazione. I deficit derivanti dalle micro-lesioni vascolari, a meno che non evolvano in una vera e propria diagnosi di demenza, si limitano alle funzioni associate all’area del cervello interessata.

All’inizio la disfunzione cognitiva è caratterizzata da problemi a livello delle funzioni esecutive (soluzione problemi, pianificazione, controllo, coordinazione azioni ecc.), di comunicazione verbale e di memoria (Peters et al., 2005). Tali difficoltà di solito sono accompagnate da una riduzione degli interessi personali (ad es. la persona tende a essere meno attiva e ad avere meno relazioni interpersonali). In molti casi, il declino è progressivo e complessivo delle capacità cognitive, ad eccezione delle abilità di riconoscere oggetti, luoghi, persone ecc. associata alla memoria semantica. Il declino diventa sempre più apparente con il processo di invecchiamento e con il progredire della malattia, portando ad alterazioni significative in tutti i domini cognitivi (Buffon et al., 2006). Amberla e colleghi (2004) hanno osservato un deterioramento della memoria di lavoro (ovvero la memoria che si fa carico di raccogliere ed elaborare le informazioni che servono a svolgere le azioni della vita di tutti i giorni) e delle funzioni esecutive in individui con mutazioni patogeniche del gene NOTCH3 nella fase pre-ictus. Tale rilevazione fa supporre che il declino cognitivo possa esordire prima dei sintomi associati agli attacchi ischemici o alle emorragie cerebrali.

Prevenzione e trattamenti per la gestione dei sintomi

Al momento non esiste una terapia risolutiva o un trattamento specifico che consente di guarire dalla CADASIL; esistono invece trattamenti che permettono di gestirne i sintomi.

In generale, il mondo della ricerca si sta orientando verso una maggiore conoscenza dell’anomalia genetica sottostante che danneggia i vasi sanguigni cerebrali, e quindi sui farmaci che potrebbero prevenire, ridurre o eliminare questo danno.

Secondo il sito Cambridge Stroke del gruppo di ricerca della Cambridge University, poiché è stato dimostrato che l’aspirina sembra ridurre il rischio di ictus ricorrenti di circa il 20%, molti medici raccomandano una piccola dose giornaliera di 75-300mg di aspirina a chi ha una diagnosi di CADASIL. Va però precisato che al momento non esistono studi specifici che dimostrano in maniera conclusiva la stessa efficacia anche su pazienti con CADASIL. Sempre secondo Cambridge Stroke, spesso vengono usati anche principi attivi che riducono il pericolo di embolia, mentre è da evitare l’utilizzo di Warfarin, a meno che non sia richiesto per un’altra ragione di tipo medico, poichè essa può aumentare il rischio di emorragia interna a livello cerebrale.

Poiché, è stato dimostrato che i fattori di rischio cardiovascolari come il fumo e la pressione sanguigna alta peggiorano la condizione di CADASIL, si raccomanda l’adozione di uno stile di vita sano che riduca i fattori di rischio cardiovascolari. Adottare uno stile di vita sano significa mantenere un peso nella norma, fare una dieta “amica del cuore”, che faccia bene al cuore, non fumare e non indurre troppo spesso nell’alcool. L’esercizio fisico regolare contribuisce a ridurre la pressione sanguigna ed è stata dimostrata la sua influenza positiva nella riduzione del rischio di atacchi ischemici. Un numero sempre più cospicuo di studi scientifici stanno dimostrando come fare attività fisica protegga il nostro cervello dal deterioramento cognitivo e dalla demenza, per cui è consigliabile adottare uno stile di vita in cui si dedichi del tempo ad essa.

E’ altrettanto importante assicurarsi che la pressione sanguigna e il livello di colesterolo siano tenuti sotto controllo e, se anormali, vengano trattati.

Gli esperti consigliano inoltre di non assumere la pillola contraccettiva o la terapia ormonale sostitutiva (HRT) poichè queste possono aumentare il rischio di emboli nel sangue e, aumentare così, il rischio di ictus.

Se necessario, durante gli attacchi di emicrania possono essere presi gli antidolorifici per emicrania. Tuttavia, non è consigliabile prendere alcuni dei farmaci di nuova generazione come ad esempio quelli contenente il principio attivo sumatriptan succinato, poiché agisce diminuendo la quantità di flusso sanguigno al cervello. Se l’emicrania si manifesta spesso, è consigliabile intraprendere un percorso terapeutico di prevenzione dell’emicrania.

È importante cercare e trattare, quando necessario, la depressione nei pazienti con CADASIL perché rimane una patologia che può essere gravemente debilitante. Essa può essere trattata con farmaci anti-depressivi standard.

Potrebbe essere utile anche sottoporsi a una visita neuropsicologica in modo da poter identificare eventuali deficit cognitivi e, ove possibile, percorsi di neuroriabilitazione.

Anche se chi convive con la CADASIL di solito riesce a gestire la sua vita e autonomia a lungo, potrebbe essere utile richiedere una consulenza di tipo psicologico per affrontare la diagnosi della malattia e le possibili difficoltà derivanti dai deficit cognitivi nella vita quotidiana.

In questo articolo di Enrico Orzes pubblicato sul sito “Osservatorio Malattie Rare” sono disponibili maggiori informazioni sia riguardo alla natura della malattia che ai suoi eventuali trattamenti e alle ricerche in corso.

Trasmissione della malattia

L’unica via possibile di trasmissione della malattia è su base ereditaria. Solo in alcuni, rarissimi, casi è stata osservata una mutazione del gene NOTCH3 casuale (senza cioè la trasmissione da genitore a figlio/a). 

La sua trasmissione è autosomica dominante, il che significa che una persona che ne è affetta ha il 50% delle possibilità di trasmettere il gene “anomalo” ai suoi figli. In altre parole, anche se i vostri genitori hanno una diagnosi di CADASIL non vuol dire necessariamente che vi ammalerete anche voi o che potreste trasmetterla con certezza ai vostri figli.

La malattia non è trasmissibile da nonni a nipoti ma solo da genitori a figli., non salta cioè una generazione ma si trasmette in linea diretta.

La malattia colpisce ogni persona in modo diverso, non è contagiosa, quindi, come per ogni altra forma di demenza, non si può contrarre essendo vicino ad una persona con demenza.

È importante che chi si ammala comprenda che non ha alcuna responsabilità sul fatto di aver ereditato la mutazione genetica che provoca la CADASIL. Non abbiamo alcun controllo sui geni che ereditiamo, proprio come non abbiamo alcun controllo sui geni che trasmettiamo ai nostri figli.

Nel caso risultiate positivi ad un test genetico che conferma la presenza di CADASIL, potete cercare aiuto e supporto tramite il vostro medico di medicina generale e gli specialisti di riferimento.

Se e come comunicare la diagnosi ai propri figli

Per chi riceve una diagnosi di CADASIL può presentarsi la necessità di informare o meno ai propri figli.

Il Butler Hospital di Providence, Rhode Island, USA suggerisce di renderli consapevoli della possibilità di risultare positivi al test genetico ad un certo punto del loro sviluppo. La comunicazione andrebbe fatta tenendo conto di diversi fattori, tra cui la loro età, il loro livello di maturità e il loro modo di reagire ad informazioni psicologicamente salienti.

In generale, non esiste un momento perfetto in cui comunicare loro questa possibilità. Tuttavia, viene consigliato di farlo con tatto e sensibilità prima che i vostri figli comincino a pensare di costruirsi una loro famiglia.

E’ consigliabile sottoporre al test genetico anche altri membri della propria famiglia?

Per alcune motivazioni spiegate prima, se un membro della famiglia ha la CADASIL, c’è una probabilità del 50% che i familiari più stretti abbiano ereditato il gene mutato. Se si conosce la causa genetica sottostante, sarà relativamente semplice identificarla negli altri membri della famiglia.

Tuttavia, prima di sottoporre a test genetico i membri della propria famiglia, è molto importante che se ne discuta seriamente tutti insieme con un’attenta analisi dei pro e dei contro. Questa discussione solitamente si affronta insieme ad un consulente (o counselor) genetico.

L’ipotesi di avere nel proprio DNA una tale anomalia e quindi la possibilità di sviluppare la malattia è, ovviamente, fonte di notevole preoccupazione e sofferenza, sia per il diretto interessato che per i suoi familiari. Perciò, la scelta di testare o meno geneticamente i membri della propria famiglia dovrebbe essere presa quando gli stessi membri sono assolutamente d’accordo.

In Italia è possibile ottenere la diagnosi prenatale e la diagnosi genetica preimpianto a patto che sia nota la mutazione responsabile della malattia nella famiglia. Il test prenatale e la decisione o meno di interrompere la gravidanze solleva importanti questioni morali ed etiche. I vostri medici specialistici, consulenti genetici e psicoterapeuti potrebbero aiutarvi a prendere la decisione più idonea per voi.

Posso trovare supporto online?

A questo link potete trovare diverse storie (purtroppo solo in lingua inglese) di persone diagnosticate con CADASIL che abitano in tutto il mondo e che condividono la loro esperienza di malattia. Oggi abbiamo scelto di condividere con voi la storia di Robert, un marito e padre di famiglia di 52 anni. Un giorno, quando Robert aveva 38 anni e sua figlia doveva ancora nascere, manifestò alcuni sintomi da attacco ischemico transitorio: perdita di visione periferica, sensazione di intorpidimento di alcune dita, intorpidimento della punta della lingua, incapacità di capire il riferito verbale degli altri e incapacità di parlare.

Questo fenomeno si risolse dopo pochi minuti ma spinse Robert a chiedere un parere al suo medico di famiglia, il quale prescrisse una visita specialistica di riferimento ipotizzando la diagnosi di Sclerosi Multipla. Dopo i dovuti accertamenti radiologici e genetici e l’esclusione di Sclerosi Multipla, che in molti casi mima la sua sintomatologia, a Robert fu diagnosticata la CADASIL. Da allora, Robert, dopo aver notato alcuni disturbi cognitivi, fu coinvolto in uno studio dell’università di Winnipeg, in Canada, dove ha imparato alcuni accorgimenti e alcune strategie per rendere più facile la vita di tutti i giorni.

Inoltre, egli ha beneficiato delle informazioni e del supporto garantitigli dai membri di un gruppo Facebook sulla CADASIL. In questo modo, ha trovato un modo per farsi educare, educare gli altri e aumentare la consapevolezza sulla malattia. Purtroppo, il supporto che Robert ha potuto trovare online e offline, non è lo stesso che può essere trovato in Italia.

Esiste uno studio che ha indagato la presenza di CADASIL presso il Centro Italia studiando 229 pazienti. Inoltre, online si trova la testimonianza di Raffaella La Manna, 31 anni, residente a Salerno che racconta della sua esperienza con la malattia.

Esiste una ONLUS, I Malati Invisibili, che si occupa di dare voce a chi è affetto da malattie rare come la CADASIL. La ONLUS ha un suo gruppo facebook dove possibilmente trovare supporto ed uno spazio ed un tempo dove poter far sentire la propria voce.

Fonti e altre risorse