Demenza a esordio precoce: 3,9 milioni di casi nel mondo

foto donna di mezza età prevalenza demenza a esordio precoce

Secondo un recente studio pubblicato lo scorso luglio sulla prestigiosa rivista medico-scientifica, Jama Neurology, i casi di demenza a esordio precoce sono almeno il doppio rispetto a quanto finora stimato. Secondo i dati emersi da una ricerca condotta dal Prof. Stevie Hendriks e dalla sua equipe dell’Università di Maastricht (Paesi Bassi), nel mondo 119 persone ogni 100.000 sviluppano una demenza prima dei 65 anni, pari a un totale stimato di 3,9 milioni di casi.

I dati emersi sono stati ottenuti da una revisione sistematica con meta-analisi (vedi nota sotto) effettuata su un campione di 74 studi che hanno coinvolto quasi 2,8 milioni di adulti dai 30 ai 64 anni. La maggior parte degli studi inclusi nella ricerca è stata condotta in Asia, Europa, Nord America e Oceania e ha coinvolto prevalentemente soggetti di origine caucasica. 

Non solo Alzheimer

La ricerca conferma che la maggioranza delle persone che convive con una demenza a esordio precoce riceve una diagnosi di demenza da Alzheimer. Tuttavia, secondo il nuovo studio, la seconda causa di demenza a esordio precoce non è, come si è sempre pensato finora, la demenza frontotemporale bensì è la demenza vascolare.

Questo dato è particolarmente importante non solo a livello diagnostico ma anche in termini di prevenzione e salute pubblica. A differenza di altre cause di demenza, quali ad esempio l’Alzheimer, la demenza vascolare è considerata una forma neurodegenerativa “secondaria” che emerge in quanto conseguenza di altre patologie e condizioni, spesso curabili o prevenibili. Le demenze vascolari sono infatti associate a piccoli eventi ischemici cerebrali che si manifestano nelle persone che hanno fattori di rischio vascolare (ipertensione, diabete, iperlipidemia, fumo, ecc.) e in chi ha avuto uno o più ictus.

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Più si invecchia e più si è a rischio

Lo studio rileva inoltre che la prevalenza delle demenze a esordio precoce sembra essere più bassa negli Stati Uniti rispetto all’Europa: mentre negli USA si registrano 115 casi ogni 100.000 persone, in Europa il dato sale a 159 ogni 100.000.

I dati rilevati indicano anche che uomini e donne registrano tassi di prevalenza pressoché equivalenti, mentre a livello socioeconomico, i Paesi ad alto reddito sembrano registrare tassi più bassi rispetto ai Paesi a medio e basso reddito. Tuttavia, questa disparità potrebbe essere condizionata dal fatto che i dati provenienti dai Paesi ad alto reddito erano basati su registri nazionali che riportavano una prevalenza più bassa rispetto a quelli basati su dati di ricerca (Piovezan et al., 2020). Un altro fattore che potrebbe condizionare i dati è l’aspettativa di vita, sostanzialmente stabilizzata nei Paesi ad alto reddito ma in crescita in quelli a basso e medio reddito. In altre parole, con una maggiore prevalenza di anziani, sembra essere destinato a crescere anche il rischio di demenza in questi Paesi.

Un altro dato importante rilevato è che, proprio come succede quando la demenza colpisce dopo i 65 anni, anche la prevalenza dell’esordio precoce aumenta con l’età. Per arrivare a questa conclusione, i ricercatori hanno analizzato i dati per gruppi e fasce di età di cinque anni, partendo dal gruppo di persone da 30 a 34 anni e così via fino a 64 anni.

Quello che è emerso è che la prevalenza dei casi è cresciuta da 1.1 persona ogni 100.000 per le persone nella decade dei 30 anni, a 4 e 6 casi ogni 100.000 persone, rispettivamente nei gruppi dai 40 ai 44 anni e dai 45 ai 49 anni. Nella decade dei 50 anni, la prevalenza ha registrato 10 casi ogni 100.000 persone nella fascia di età dai 50 ai 54 anni, per poi passare a 19 casi ogni 100.000 nella fascia di età dai 55 ai 59 anni. Dai 60 ai 64 anni l’aumento raggiunge un picco di 77.4 casi ogni 100.000 persone. Grazie a queste rilevazioni si è poi arrivati a stimare una prevalenza globale di  119 casi di demenza a esordio precoce ogni 100.000 persone calcolati su una fascia di età complessiva che varia dai 30 ai 64 anni.

Punti di forza e aspetti critici della ricerca

Oltre a essere la più grande ricerca di meta-analisi effettuata finora sulla prevalenza della demenza che colpisce le persone più giovani, i suoi risultati sono particolarmente significativi perché rilevano una prevalenza su scala mondiale più che raddoppiata rispetto a due precedenti stime ampiamente citate di Harvey et al., 2003 e Ikejima et al., 2009 ottenute da campioni di circa 100,000 persone residenti nel Regno Unito e in Giappone.

Allo stesso tempo, lo studio presenta alcuni limiti che invitano ad approfondire ulteriormente gli aspetti epidemiologici di un fenomeno chiaramente preoccupante e in aumento. 

Ad esempio, la maggior parte degli studi utilizzati nella ricerca riguardava persone sopra i 50 anni, mentre gli studi relativi alla popolazione più giovane erano pochi e con un numero limitato di persone incluse negli studi. Non è chiaro quanto questa discrepanza abbia influito sulle stime finali a cui sono giunti i ricercatori.

Inoltre, la ricerca non ha incluso studi – e quindi dati – riguardanti le popolazioni di Africa e America Latina. Anche in questo caso non è chiaro quanto questa esclusione sia significativa a livello di stime globali, soprattutto alla luce del fatto che i risultati della stessa ricerca indicano che i Paesi più a rischio nella prevalenza delle demenze a esordio precoce sono proprio i Paesi a basso e medio reddito.

L’altro aspetto da considerare è la discrepanza dei dati raccolti da studi basati su coorti (ovvero, quelli effettuati da ricerche ad hoc su fasce di età specifiche, ad es. adulti nella fascia di età dai 40 a 50 anni o dai 50 a 60 anni) rispetto a studi raccolti da registri sanitari. Ebbene, secondo gli stessi autori, gli studi inclusi nella ricerca basati su coorti hanno riportato tassi di prevalenza quasi quattro volte superiori rispetto ai dati forniti dai registri sanitari dei rispettivi Paesi. Questa discrepanza è importante da cogliere per almeno due motivi. Il primo è che tutti gli studi inclusi e relativi a soggetti sotto i 50 anni erano studi di coorte, mentre gli studi per gli over50 avevano una provenienza più “mista” (sia da coorti che da registri nazionali). In secondo luogo, poiché la maggior parte degli studi dei Paesi ad alto reddito erano basati su dati provenienti da registri sanitari, i dati emersi potrebbero essere sensibilmente sottostimati rispetto alla situazione reale in questi Paesi.

Sappiamo inoltre che la sottostima dei dati non riguarda solo le demenze a esordio precoce ma tutte le demenze, di qualsiasi età e causa, a livello globale e complessivo. Questo è un dato di fatto che sta per essere confermato anche dal report annuale della Federazione mondiale Alzheimer’s Disease International (ADI) in pubblicazione il prossimo 21 settembre (per informazioni: https://www.alzint.org). Stando ai dati preliminari diffusi da ADI proprio questa settimana, il 75% delle demenze mondiali non sono ancora state diagnosticate. Viste le ulteriori difficoltà diagnostiche che incontrano le persone più giovani, è probabile che i dati diffusi da questa ricerca siano solo la punta di un grande iceberg.

C'è ancora tanto lavoro da fare

La situazione generale che emerge da questa ricerca è a dire poco preoccupante: le persone che convivono con le conseguenze di una diagnosi di demenza a esordio precoce non solo sono molto di più di quanto precedentemente stimato, ma sono in aumento.

Il lavoro da fare è quindi ancora tanto e complesso, sia dal punto di vista della ricerca che dal punto di vista delle risposte pre- e post-diagnostiche. Alla luce di queste nuove consapevolezze, è auspicabile un ampliamento dei servizi esistenti al fine di offrire soluzioni innovative e cure adeguate per rispondere a bisogni (non solo diagnostici, terapeutici e riabilitativi, ma anche sociali, economici, assistenziali, ecc.) spesso molto diversi da quelli che ci siamo immaginati finora per chi si ammala dopo i 65 anni.

Revisione sistematica e meta-analisi: di cosa stiamo parlando?

Nel mondo della ricerca scientifica, i ricercatori conducono una revisione sistematica per verificare cosa esiste in letteratura (cioè l’insieme del sapere scientifico pubblicato da fonti autorevoli) su un dato tema. Una meta-analisi è un’analisi dei dati di altri lavori trovati attraverso una revisione sistematica. Solitamente, quando i ricercatori conducono una revisione sistematica della letteratura, serve per poi condurre una meta-analisi dei dati trovati. In ambito medico e scientifico, le revisioni sistematiche e le meta-analisi sono considerate le fonti più autorevoli.

Bibliografia

Hendriks, S., Peetoom, K., Bakker, C., van der Flier, W. M., Papma, J. M., Koopmans, R., Verhey, F., de Vugt, M., Köhler, S., Young-Onset Dementia Epidemiology Study Group, Withall, A., Parlevliet, J. L., Uysal-Bozkir, Ö., Gibson, R. C., Neita, S. M., Nielsen, T. R., Salem, L. C., Nyberg, J., Lopes, M. A., Dominguez, J. C., … Ruano, L. (2021). Global Prevalence of Young-Onset Dementia: A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA neurology, e212161. Advance online publication. https://doi.org/10.1001/jamaneurol.2021.2161

Harvey, R. J., Skelton-Robinson, M., & Rossor, M. N. (2003). The prevalence and causes of dementia in people under the age of 65 years. Journal of neurology, neurosurgery, and psychiatry74(9), 1206–1209. https://doi.org/10.1136/jnnp.74.9.1206

Ikejima, C., Yasuno, F., Mizukami, K., Sasaki, M., Tanimukai, S., & Asada, T. (2009). Prevalence and causes of early-onset dementia in Japan: a population-based study. Stroke40(8), 2709–2714. https://doi.org/10.1161/STROKEAHA.108.542308

GBD 2016 Dementia Collaborators (2019). Global, regional, and national burden of Alzheimer’s disease and other dementias, 1990-2016: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2016. The Lancet. Neurology18(1), 88–106. https://doi.org/10.1016/S1474-4422(18)30403-4

Patterson, C. (2018). World Alzheimer Report 2018: The State of the art of dementia research: New frontiers. Alzheimer’s Disease International, London. https://www.alzint.org/u/WorldAlzheimerReport2018.pdf

Piovezan, R., Oliveira, D., Arias, N., Acosta, D., Prince, M., & Ferri, C. (2020). Mortality Rates and Mortality Risk Factors in Older Adults with Dementia from Low- and Middle-Income Countries: The 10/66 Dementia Research Group Population-Based Cohort Study. Journal Of Alzheimer’s Disease, 75(2), 581-593. https://doi.org/10.3233/jad-200078