
Settimana scorsa siamo stati a Bologna per la conferenza annuale di Alzheimer Europe, la federazione europea delle associazioni nazionali sulla demenza e disturbi neurocognitivi. È stata un’esperienza intensa: 1.500 partecipanti, di cui oltre 300 italiani, hanno seguito o presentato numerose relazioni su tutti gli aspetti del disturbo – dai nuovi farmaci alla salute sociale, dal supporto alle famiglie all’advocacy, dagli interventi psicosociali alle cure palliative.
Noi di Novilunio abbiamo partecipato sia con la relazione di Simona (che trovate qui sotto) e un poster sulle nostre attività, sia per conto delle federazioni italiane Federazione Alzheimer Italia e Alzheimer Uniti, che hanno invitato Frank Parisotto e sua moglie Fanny a condividere la loro esperienza con la diagnosi.
Oggi vi proponiamo il discorso in inglese (tradotto in italiano per questo articolo) che ha presentato nella sala conferenze principale, davanti a un pubblico internazionale. Il suo discorso unisce le sue riflessioni personali e il lavoro di advocacy che portiamo avanti da quasi 12 anni come associazione. È stato emozionante salire su quel palco con lei e portare finalmente la prospettiva italiana di una persona con diagnosi al resto del mondo. Ci è voluto tempo, ma ce l’abbiamo fatta.
Nei prossimi giorni pubblicheremo anche il discorso di Frank dalla sessione organizzata da Alzheimer Uniti “La città che vorrei” moderata dal Prof. Rabih Chattat dell’Università di Bologna.
Alla fine del testo abbiamo aggiunto le riflessioni di Simona post-conferenza, in cui ci racconta l’impatto profondo che questa esperienza ha avuto su di lei. Ne approfitto per precisare una cosa che Simona dice alla fine del suo testo. Sì, le ho detto che “fare advocacy allunga la vita”, ma lasciatemelo spiegare meglio: non intendevo una formula magica o una promessa letterale. Diventare attivisti per difendere i propri diritti non è per tutti – metterci la faccia in un mondo che ostinatamente cerca di renderti invisibile, di chiuderti in casa per non vederti, o di “intrattenerti” come fossi un bambino, richiede un coraggio immenso. Ma c’è qualcosa di ancora più devastante: vivere una vita svuotata di senso, bombardati da messaggi che ti dicono che non vali nulla, che non conti più.
La scienza oggi conferma ciò che intuiamo: il modo in cui ci percepiamo e la vita che scegliamo di vivere hanno un impatto reale sulla nostra salute. Nel bene e nel male. Quando ho rivisto a Bologna diversi advocate con diagnosi che non incontravo da tempo, la mia convinzione si è rafforzata – ed è quella di Nietzsche: “Chi ha un perché per vivere può sopportare quasi ogni come”. L’advocacy non aggiunge anni per magia, ma restituisce il senso, la dignità, l’appartenenza. E questo, nella vita di una persona che convive con una diagnosi di demenza, può fare tutta la differenza.
Buona lettura!
Eloisa Stella



L’advocacy come atto di resistenza per sfidare i sistemi e recuperare la capacità di agire
Buongiorno a tutti e grazie per avermi qui oggi. Sono Simona Ferrari. Come persona che vive con una diagnosi di demenza, sono onorata di condividere con voi la mia storia e il nostro punto di vista.
Ho 53 anni e vivo a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, con mio marito Gianni e i nostri tre figli. Dopo 24 anni come impiegata, ho lavorato nel sociale, assistendo persone con fragilità fisiche e psichiatriche. Nel 2020, all’età di 47 anni, ho ricevuto la diagnosi di demenza frontotemporale. La demenza è una realtà che conosco bene, anche perché mio padre convive una diagnosi di Alzheimer.
Dopo aver ricevuto la diagnosi, io e mio marito ci siamo sentiti un po’ soli, senza sapere a chi rivolgerci. Navigando su internet, ho scoperto l’associazione Novilunio. Ho scritto una mail e sono stata contattata da persone straordinarie come Eloisa e Cristian, che ci hanno dato un supporto fondamentale. Ho trovato un ambiente in cui mi sono sentita ascoltata in modo gentile ed empatico. Da quel momento ho sentito il bisogno di contraccambiare e di aiutare chi si fosse trovato in una situazione simile alla mia.
Nel settembre 2023, ho debuttato come advocate alla conferenza “La demenza oltre la malattia” a Modena. Ricordo ancora l’emozione: le gambe mi tremavano, ma la felicità di quei momenti mi ha fatto vivere serena anche nei giorni successivi. E’ una bellissima sensazione. Ho capito che nel nostro piccolo possiamo fare ancora grandi cose.
La mia partecipazione qui oggi, insieme a quella dei miei colleghi di Novilunio che vivono anch’essi con una diagnosi, rappresenta l’impegno della nostra associazione nel valorizzare le esperienze vissute come competenza fondamentale per sfidare lo stigma e promuovere un cambiamento sistemico.
Il nostro messaggio centrale è chiaro e risuona con forza: l’advocacy delle persone con demenza in Italia rappresenta un atto radicale di resistenza. Perché resistenza? Perché viviamo in una società che troppo spesso emargina coloro che non si conformano ai modelli dominanti di produttività e autonomia. Non si tratta solo di una questione culturale, ma di un problema profondamente sistemico: molta sofferenza deriva infatti dal modo in cui le diversità vengono trattate dalle istituzioni e dalla società.
Nonostante l’Italia abbia uno dei tassi più alti di diagnosi di demenza in Europa, il nostro modello di cura è tuttora ancorato a un approccio che riduce gli individui a oggetti passivi che ricevono cure, negando loro il diritto di essere invece soggetti e agenti attivi nella propria vita. Questo è inaccettabile.
È qui che entra in gioco il ruolo dell’advocacy che sto portando avanti insieme ai miei colleghi di Novilunio. Il nostro obiettivo va molto oltre la semplice sensibilizzazione; affronta apertamente l’infrastruttura del silenzio e dell’invisibilità che troppo spesso circonda la demenza.
Attraverso iniziative co-create con persone che vivono con la demenza, stiamo ribaltando le narrazioni dominanti. Stiamo dimostrando che vivere bene dopo una diagnosi non è solo possibile, ma è essenziale per smantellare lo stigma.
Grazie all’advocacy ho imparato che non dobbiamo provare vergogna delle nostre difficoltà, ma dobbiamo aiutare gli altri a capire che siamo persone a tutto tondo e che abbiamo bisogno di sentirci parte integrante delle nostre comunità.
Vogliamo costruire una visione di società veramente inclusiva, in cui la partecipazione attiva non dipende solo dalla solidarietà, ma da infrastrutture che garantiscono pari opportunità di cura, assistenza, lavoro e partecipazione. Ci ispiriamo anche ai principi del “Manifesto del gruppo Orsa Maggiore“, un punto di riferimento straordinario, che sottolinea l’importanza di essere ascoltati, di avere una voce, di essere coinvolti e di vivere in una società inclusiva che tutela i nostri bisogni e diritti più fondamentali.
Solo nell’ultimo anno, gli advocate di Novilunio hanno intrapreso tantissime azioni concrete e significative:
- Abbiamo tenuto sessioni di formazione per professionisti sanitari e studenti universitari.
- Abbiamo partecipato a conferenze e webinar nazionali e internazionali.
- Abbiamo pubblicato resoconti in prima persona sul blog di Novilunio, come il mio o quello di Remo, Tiziano e Frank.
- Lo stesso Remo Barison l’anno scorso ha parlato all’Alzheimer Cafè di Pinerolo, sottolineando l’importanza di sforzarsi a rimanere attivi il più possibile e a non rassegnarsi, trovando uno sbocco positivo nella propria quotidianità.
- Anche Tiziano Tracanzan, che convive con una diagnosi di Alzheimer a esordio precoce, ha fatto la sua parte di advocate, organizzando un evento di sensibilizzazione nel suo paese, Grantorto, in provincia di Padova. Il messaggio di Tiziano è stato semplice ma chiarissimo: vogliamo “più attività e meno farmaci!“.
- Francesco Frank Parisotto ha recentemente parlato alla conferenza annuale della Federazione Italiana Alzheimer raccontando la sua esperienza con la diagnosi di Cadasil e incoraggiando tutti ad ascoltare e dare supporto a chi come lui affronta le difficoltà di una depressione causata dalla sua malattia.
È fondamentale comprendere che tutelare la nostra dignità non basta per dare vita a un cambiamento concreto. Dobbiamo affrontare le disuguaglianze strutturali che sono radicate nel nostro sistema socio-sanitario. La demenza diventa così una lente potente attraverso cui esaminare le profonde fratture nei nostri sistemi. L’ambiente in cui viviamo, ma anche l’impegno delle nostre comunità a valorizzare le nostre risorse, fanno “tutta la differenza del mondo”.
Da un corso che ho seguito a Roma nel 2023, ho provato amarezza nel vedere le troppe differenze territoriali nei servizi offerti alle persone con demenza. È cruciale avere un medico di famiglia formato sulla demenza che non sottovaluti i sintomi. Il supporto psicologico immediato dopo la diagnosi è fondamentale, così come la possibilità di avere un percorso “cucito su misura” con accesso a riabilitazione fisica e supporto nutrizionale.
L’advocacy trasforma la cultura della demenza non solo attraverso workshop o conferenze, ma riconoscendo il potere intrinseco delle persone con diagnosi come agenti di cambiamento. Questo non è solo un invito all’empatia – è una chiara chiamata all’azione contro un sistema che preferisce nascondere ciò che non può controllare.
Il mio desiderio è non isolarci, ma far sentire la nostra voce! Cerchiamo di trovare la soddisfazione anche nei piccoli compiti che riusciamo ancora a svolgere. Io, per esempio, faccio volontariato e contribuisco al budget familiare facendo vari lavori per le famiglie del mio paese. È importante sforzarsi di rimanere attivi il più possibile e non rassegnarsi, trovando uno sbocco positivo in base ai propri interessi. Sono innamorata della vita e piuttosto ottimista, e le mie energie vengono dalla famiglia, dalla fede e dai piccoli aspetti positivi delle giornate, così come dalla fiducia delle persone con cui lavoro.
Grazie per la vostra attenzione e per il vostro impegno a costruire un futuro in cui le voci di tutti siano ascoltate e valorizzate.
Simona Ferrari

Era tanto che aspettavo il 6 ottobre e finalmente eccoci!
Nella mia vita di qualche anno fa non avrei mai immaginato di leggere un testo alla conferenza europea di Alzheimer Europe e invece grazie a Novilunio eccomi qui!
L’emozione si è fatta sentire fin dal mattino quando ci siamo trovati alla stazione di Bologna con Eloisa ed Eleonora, che è stata così gentile da accompagnarmi in questa super opportunità. Io ero un po’ in ansia perché dovevo capire dove ci aspettava mio figlio Davide per darci un passaggio fuori dalla stazione, ma poi tutto è andato liscio e siamo arrivati al Palazzo Congressi di Bologna dove ci siamo riuniti con Cristian, Frank e Fanny. Per me è sempre una grande gioia vedervi tutti dal vivo, siete tutti meravigliosi!
L’organizzazione aveva previsto una passeggiata per orientarsi nei luoghi della conferenza. Mi è stata molto utile perché non era semplice orientarsi in quei grandi spazi.
Abbiamo seguito la cerimonia di apertura, abbiamo pranzato nella “quiet room” (riservata alle persone con demenza e alle persone che le accompagnavano) dove abbiamo fatto un po’ di chiacchiere tra di noi e Frank e Fanny mi hanno spiegato che hanno collaborato anche nell’organizzazione della logistica, bravissimi!
Dopo pranzo con Eloisa ho seguito alcuni interventi di ricerca per “stemperare” un po’ l’ansia, ma ero tranquilla, poi è arrivato il fatidico momento: con Eloisa salgo sul palco dove ci sono già altri relatori con diagnosi che devono fare il loro discorso: la prima è una signora olandese molto brava.
Arriva il nostro momento: vado con Eloisa al microfono, Eloisa alla mia destra per fare scorrere le slide perché io non riuscirei… troppe cose in una volta sola! La lampadina che illumina il leggio è bella forte, parto a leggere, ogni tanto faccio qualche errore, ma ci sta. Prendo fiato e continuo, foglio dopo foglio arrivo alla fine, parte un applauso caloroso!
Eloisa mi dice “Splendida!”. Spero che le persone abbiano sentito bene e torniamo a sedere. Saluto Eleonora con la mano perché deve correre a prendere il treno, che tesoro! Seguiamo i discorsi degli altri relatori, molto interessanti e commoventi, la signora olandese mi mostra il manuale che ha scritto insieme alla sua associazione e le faccio i complimenti.
Scesa dal palco tante persone ci fermano per congratularsi, che soddisfazione, sono felicissima ed inizia a girarmi un po’ la testa.
Il discorso che ho letto è veramente un capolavoro, grazie di cuore Eloisa e Cristian per la possibilità che mi avete dato!
Vogliamo costruire una visione di società veramente inclusiva, in cui la partecipazione attiva non dipende solo dalla solidarietà, ma da infrastrutture che garantiscono pari opportunità di cura, assistenza, lavoro e partecipazione.
Il mio desiderio è non isolarci, ma far sentire la nostra voce!
Dopo un giorno di pausa, sono tornata alla Conferenza mercoledì per ascoltare Frank che è stato strepitoso ed altre relazioni molto interessanti che tengo da parte come spunto per prossime relazioni e articoli… Ero ancora bella confusa dall’emozione di lunedì, ma da mercoledì sera in poi sono rientrata nel mio tran tran multitasking. Da allora, ogni tanto, la mente torna alle meravigliosa emozione dell’advocacy… poi Eloisa mi ha detto che “fare advocacy allunga la vita”, quindi se Novilunio è d’accordo e salute permettendo spero di proseguire ancora!
Simona Ferrari
