Ho deciso di dedicare questo primo articolo in occasione del mese mondiale dell’Alzheimer (#WAM2016) a Dementia Alliance International (DAI), l’associazione ufficiale a livello mondiale composta esclusivamente da persone con demenza.
Credo che quello che il loro impegno per migliorare le condizioni di vita e assistenza per gli oltre 47,5 milioni di persone con demenza che vivono in tutto il mondo sia semplicemente straordinario. Ed è un peccato che qui in Italia ancora se ne sappia poco. Almeno per ora.
Anche se ho già parlato di loro in altri articoli negli scorsi mesi, mi sembra utile e opportuno ricordare le principali caratteristiche della loro associazione:
- DAI è composta esclusivamente da persone con una diagnosi ufficiale di demenza – qualsiasi tipo di demenza – dall’Alzheimer alla demenza frontotemporale a quella vascolare e a tutte le oltre 100 tipologie di demenza finora identificate dalla medicina contemporanea. Al momento DAI conta oltre 2.000 membri in 37 Paesi in tutto il mondo – per noi italiani che non siamo abituati a considerare le persone con demenza capaci di auto-organizzarsi e decidere delle proprie vite, l’esperienza dei membri DAI ha un retrogusto fantascientifico.
- I loro obiettivi principali sono due:
- La creazione di attività educative, formative, e di supporto per i loro membri attraverso iniziative che hanno luogo soprattutto online (es. video-conferenze o webinar, blog, newsletter, gruppi di auto-mutuo-aiuto, presentazioni a seminari e conferenze organizzati dalle principali associazioni Alzheimer nazionali e internazionali).
- Il riconoscimento dei diritti fondamentali alla salute, alla dignità, e all’autonomia in base a quanto sancito dalla Convenzione ONU per le persone con disabilità.
DAI è sempre alla ricerca di nuovi membri in tutto il mondo. L’iscrizione alla loro associazione è gratuita e aperta a chiunque abbia una diagnosi ufficiale di demenza di qualsiasi tipo (www.joindai.org).
LA BATTAGLIA DAI PER IL RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI
Secondo i membri DAI, da un punto di vista etico non c’è alcun motivo per cui le persone con demenza non possano accedere agli stessi servizi assistenziali e riabilitativi a cui hanno diritto le persone con disabilità. Anche se è vero che per la demenza non esiste una cura, ciò non significa che non si possa fare nulla per assicurarsi che chi ne è colpito continui a vivere la sua vita il più possibile indipendente e dignitosa.
La loro battaglia per il riconoscimento dei loro diritti è cominciata nel 2015 quando il loro Presidente e Co-fondatore, Kate Swaffer, ha presentato le seguenti tre richieste alla Prima Conferenza Ministeriale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dedicata alle demenze:
- Le politiche e gli interventi per le persone con demenza dovrebbero essere basate sul modello di intervento della Convenzione ONU per le persone con disabilità (CRPD);
- L’adozione di un percorso di cura e assistenza più etico, che includa sia servizi in fase pre-diagnostica che post-diagnostica e coinvolga un’ampia varietà di professionisti operanti sul territorio
- Un’attività di ricerca che sia rivolta non solo alla scoperta di nuove cure ma anche all’assistenza e al miglioramento delle condizioni di vita dei malati.
Dal 2015 sia Kate che il Consigliere DAI ed esperto di diritti umani, il Prof. Emerito Peter Mittler, hanno continuato a fare pressione sull’OMS affinché tali richieste venissero accolte e implementate dai governi firmatari della Convenzione ONU-CRPD sulla disabilità.
Un primo straordinario traguardo è stato raggiunto lo scorso maggio quando la federazione Alzheimer’s Disease International (ADI) ha adottato ufficialmente l’approccio basato sui diritti umani previsti dalla Convenzione ONU-CRPD per tutte le sue politiche rivolte alle persone con demenza. Si tratta di un evento storico importantissimo perché, grazie all’appoggio ufficiale di ADI, Dementia Alliance International è ora in grado di offrire un sostegno molto più efficace alle associazioni Alzheimer nazionali e locali affinché adottino a loro volta la Convenzione in tutte le attività, servizi, e politiche rivolte ai loro membri.
LA CONVENZIONE ONU PER LE PERSONE CON DISABILITA’
La Convenzione ONU-CRPD sui diritti delle persone con disabilità è stata adottata nel 2006 ed è stata ratificata dall’Unione Europea e da altri 163 Paesi nel mondo che si sono impegnati ad adottarne gli Obblighi Generali, i Principi Generali, e i 37 Articoli sostanziali.
Rispetto ad altre convenzioni approvate in passato dall’ONU, questa Convenzione è la prima a sancire la presenza di rappresentanti dei potenziali soggetti beneficiari come partner alla pari nei processi di ratificazione dei principi ed articoli da parte dei governi nazionali. La Convenzione è anche un documento storico per il movimento a sostegno dei diritti delle persone con disabilità perché le organizzazioni internazionali che rappresentano le persone disabili sono riuscite a coalizzarsi e lavorare insieme nonostante le loro diversità in merito a priorità e programmi.
Poiché qualsiasi forma di demenza e a qualsiasi stadio della malattia causa numerose disabilità cognitive, fisiche e sensoriali, l’applicazione del Primo Articolo della Convenzione alle persone con demenza appare evidente:
“Le persone con disabilità comprendono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in rapporto con barriere di vario tipo possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri.”
Ciononostante, DAI osserva che purtroppo molti piani nazionali per le demenze implementati anche nei Paesi più avanzati (e temo che l’Italia non faccia eccezione) non sono conformi ai principi generali e agli articoli della Convenzione riportati qui di seguito:
PRINCIPI GENERALI
- Rispetto per la dignità, autonomia, libertà di scelta, indipendenza
- Non-discriminazione (disabilità, genere, etnia, età)
- Piena partecipazione e inclusione nella società
- Rispetto per le differenze; accettazione della disabilità come espressione della diversità negli esseri umani
- Pari opportunità
- Accessibilità
- Uguaglianza tra uomini e donne
ARTICOLI
- Diritto alla vita
- Accessibilità a tutti i livelli
- Eguale riconoscimento di fronte alla legge
- Diritto di non essere sottoposto a torture, pene o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti
- Vita indipendente ed inclusione nella comunità
- Rispetto del domicilio e della famiglia
- Salute
- Riabilitazione
- Lavoro
- Adeguato standard di vita e protezione sociale
- Partecipazione alla vita pubblica e politica, alla vita culturale, al tempo libero e allo sport.
Come potete osservare, anche in Italia, i servizi socio-sanitari, assistenziali, e riabilitativi proposti alle persone con una diagnosi di demenza sono decisamente limitati rispetto a quanto sancito dalla Convenzione. Anche il solo diritto alla vita indipendente o quello alla riabilitazione non è contemplato o è negato. Per non parlare del diritto alla partecipazione alla vita pubblica e politica (avete mai sentito parlare in pubblico un italiano/a con demenza come fanno i membri DAI?) o del diritto al lavoro per le persone con demenza a esordio precoce (vale a dire sotto i 65 anni).
SEMPRE PIU’ VICINI AL TRAGUARDO
Nei prossimi mesi sono previsti nuovi incontri a Ginevra per portare avanti questa importantissima causa. In attesa che la causa si trasformi in modus operandi nei piani nazionali per le demenze di tutto il mondo, riporto qui di seguito uno stralcio dell’intervento del Prof. Peter Mittler all’ultimo incontro con la Commissione per i diritti delle persone con disabilità a cui ha partecipato insieme al presidente ADI, Glenn Rees:
Anch’io come la maggioranza dei membri DAI ho una diagnosi di Alzheimer. Come persone a tutti gli effetti, ci rifiutiamo per principio di essere definiti e discriminati socialmente dalla nostra diagnosi. Questa è la nostra esperienza quotidiana […]
Ecco una frase d’effetto basata su dati irrefutabili: “La demenza riceve il peggior livello di cure nel mondo sviluppato”. Questa è stata la conclusione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico basata su uno studio effettuato in 38 tra i Paesi più ricchi al mondo. La questione rilevata dall’OCSE ha conseguenze anche dal punto di vista dei diritti umani perché non riguarda solo la malattia in sé ma le persone che vivono con questa malattia […].
Come qualsiasi altra persona che vive su questo pianeta, i nostri diritti fondamentali sono quelli riconosciuti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 e dai trattati sui diritti umani pubblicati in seguito.
Nonostante i 166 Stati Membri ONU e l’Unione Europea abbiano ratificato la Convenzione ONU per le persone con disabilità, le persone con demenza appaiono escluse dalla sua implementazione da parte dei singoli governi. Inoltre, i principi e gli articoli previsti dalla Convenzione non sono contemplati da due piani demenza regionali e da diversi piani nazionali demenza presentati ai recenti summit del G7 e del G8.
L’organizzazione International Disability Alliance è riuscita a far includere gli indicatori per la disabilità nel monitoraggio degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile previsti dall’Agenda 2030. Tuttavia le persone con demenza rischiano di essere escluse da tali obiettivi perché spesso si pensa che la demenza sia esclusivamente responsabilità dei Ministeri della Salute, invece che essere una responsabilità condivisa tra vari ministeri, quali Trasporti, Politiche Sociali e Politiche abitative. L’inclusione negli obiettivi dell’Agenda 2030 ci permetterebbe di aver accesso alla varietà di risorse e servizi disponibili per le persone con disabilità […].
La nostra priorità attuale è una diagnosi migliore, seguita da percorsi riabilitativi che ci supportino in modo tale da poter continuare a essere membri attivi delle comunità in cui viviamo. Se nella maggior parte delle persone che vivono nei Paesi a basso e medio reddito non ricevono mai una diagnosi, nei paesi ad alto reddito il livello di assistenza ricevuto dipende dal luogo di residenza. Anche in questi Paesi le discrepanze nei servizi socio-sanitari locali offerti sono significativi […].
Quello per cui ci battiamo è la riconcettualizzazione dell’attuale modello post-diagnostico in un vero e proprio percorso riabilitativo. Il percorso inizierebbe al momento della diagnosi con una visita di controllo a brevissimo termine presso l’ospedale o l’ambulatorio deputato alla diagnosi delle demenze. Tale visita darebbe l’opportunità alla persona malata e ai suoi famigliari di chiedere informazioni su ciò che non è chiaro, affrontare tutte le preoccupazioni del caso, discutere i loro bisogni e priorità […] e allo stesso tempo avere accesso ai servizi, ai professionisti, e alle risorse presenti sul territorio per affrontare la malattia.
Un percorso riabilitativo post-diagnostico potrebbe includere:
- Un’infermiera distrettuale specializzata in demenza per la valutazione dei bisogni sia da un punto di vista clinico che emotivo
- Un terapista occupazionale con cui discutere eventuali adattamenti nell’ambiente di vita e nelle tecnologie quotidiane (es. elettrodomestici, telefono, computer, ecc.) per garantire al malato il massimo livello di autonomia e indipendenza.
- Un fisioterapista per mantenere il massimo livello di capacità e forza nei movimenti
- Uno psicologo che aiuti le persone ad accettare la diagnosi, a monitorare eventuali cambiamenti nelle funzioni cognitive, e a considerare l’adozione di strategie psicosociali per la gestione della malattia.
- Un assistente sociale che aiuti la famiglia ad affrontare la malattia e a fornire accesso ai servizi territoriali.
Le nostre raccomandazioni:
- Chiediamo alla Commissione CRPD di utilizzare tutte le risorse disponibili per monitorare l’inclusione delle persone con demenza nei processi di implementazione della Convenzione ONU-CRPD da parte degli Stati Membri.
- Chiediamo anche di promuovere i diritti delle persone con demenza nel contesto più ampio degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili dell’Agenda 2030.