La mia vita con la demenza frontotemporale

Oggi abbiamo il piacere di condividere la testimonianza di Petri Lampinen, membro del Gruppo di Lavoro Europeo delle Persone con Demenza di Alzheimer Europe, nonché advocate finlandese che dal 2013 convive con una demenza frontotemporale a esordio precoce.

Quella di Petri è una testimonianza speciale, non solo perché descrive chiaramente l’iter, lungo e faticoso, che ha permesso di individuare la causa delle sue difficoltà, ma anche perché esprime profonda dignità e rispetto – per la vita, per se stesso, per sua moglie e per tutte le persone che l’hanno aiutato a ripartire dopo la diagnosi.

La traduzione di questo testo è stata curata dalla nostra volontaria Simona che convive con una diagnosi molto simile a quella che ha ricevuto Petri. Quando ci ha inviato la sua traduzione, Simona ha commentato:

“E’ una testimonianza molto vera, sincera, ed è anche molto commovente… Ho evidenziato [in corsivo] le parti che mi sono piaciute di più… Petri dice che quando faceva i controlli [pre-diagnosi], i reparti non comunicavano tra loro. A me invece è successo che nelle visite specialistiche (fisiatra, ematologo, pneumologo) i dottori non sapevano cosa fosse il disturbo cognitivo lieve…”.

Già.

Chiudiamo con un enorme Grazie a Petri Lampinen per aver condiviso con noi la sua storia e ad Alzheimer Europe per averci autorizzato a farla conoscere anche ai nostri lettori.

P.S. La versione originale in lingua inglese la trovate qui.


La mia vita con la demenza frontotemporale

Nella foto, da sinistra Petri Lampinen con Chris Roberts, attuale Presidente del Gruppo di Lavoro delle Persone con Demenza di Alzheimer Europe

Grazie per l’opportunità di condividere con voi la mia esperienza di vivere con la demenza frontotemporale (FTD).

Una volta mi sarebbe piaciuto avere un’opportunità come questa; [la stessa] opportunità che voi avete adesso. All’epoca mi affidai ai social – fortunatamente trovai notizie e video informativi su YouTube, ad esempio conferenze di neurologi e neuropsicologi da tutto il mondo circa questo disturbo e il suo ampio ambito sintomatico. Trovai inoltre storie di famiglie con bambini o adolescenti che vivevano sotto lo stesso tetto con le persone che vivevano i primi sintomi della malattia.

Anche noi abbiamo vissuto la stessa situazione e sicuramente il disturbo di memoria che è scaturito non ha colpito solo me. E’ stato un periodo molto confuso per la mia famiglia – periodo in cui pensavo che la mia vita fosse veramente finita. Senza il supporto e la comprensione dei miei cari, probabilmente non sarei stato capace di ritrovare la luce.

Il periodo più difficile è stato il lasso di tempo trascorso nei due anni prima di ricevere la diagnosi di disturbo di memoria. Ma prima vorrei parlare di quando sono emersi i primi sintomi del disturbo.

All’epoca lavoravo ancora e non riuscivo a stare fermo, mi spostavo di continuo. Non vedevo l’ora di prendermi una pausa per più di 15 minuti. Non riuscivo a finire il mio lavoro e mi muovevo velocemente tra una mansione e l’altra. Mi dimenticavo gli appuntamenti e le consegne che dovevo fare.

Per tanti anni ho anche lavorato come giardiniere parrocchiale; anche in quel contesto notavo che c’era qualcosa di seriamente sbagliato in me. Considerai seriamente la possibilità di contattare i servizi di medicina del lavoro ma la soglia di invalidità per accedere a questi servizi era piuttosto alta. La paura di perdere il lavoro e le difficoltà finanziarie erano una preoccupazione concreta.

A quel punto cercai aiuto, ma purtroppo lo feci nel modo sbagliato. In quel periodo cominciai ad auto-medicarmi facendo uso di alcol. Con il senno di poi, fu la cosa peggiore che potessi fare a me stesso. Sono otto anni che non bevo più alcolici: sono riuscito a fermarmi quando ho trovato il coraggio di cercare un aiuto reale.

Mia moglie mi chiedeva spesso “Cos’hai cambiato nel tuo lavoro? Perché non riesci più a stare bene in quel posto?” All’epoca, quando ero a casa, ero spesso irritabile e mi lamentavo dei miei problemi. Mia moglie mi metteva spesso alle strette per il consumo di alcolici, ma io le rispondevo che non era un problema. Eppure, a volte non ricordavo dove avevo messo quello che stavo bevendo.

In quel periodo ero diventato un uomo molto impulsivo che faceva uso di alcolici ogni volta che ne aveva l’opportunità. La combinazione di queste due cose mi portò a prendere decisioni avventate. Pur di continuare a comportami in maniera irresponsabile, avevo segretamente ottenuto prestiti e crediti al consumo utilizzando i dati di mia moglie. Di tutto questo periodo, mi ricordo come fosse diffile nasconderle queste cose. Ci ha divorati e ci ha costretti a tante notti insonni e “all’erta”.

Era l’estate del 2013. Avevo compiuto 50 anni in primavera e, come programmato, mi presi una vacanza a luglio. Quello che invece non era nei nostri piani è che non riuscissi più tornare a lavorare. Mentre ero in vacanza, il consumo d’alcol sfuggì di mano e mia moglie se ne accorse. La nostra famiglia stava attraversando una forte crisi – è così che raggiunsi il fondo. A quel punto andai finalmente a cercare aiuto ai servizi di medicina del lavoro. Ricordo che dissi loro che avevo bisogno di un aiuto immediato mentre piangevo in sala di attesa. Gli dissi anche che non mi riconoscevo più come il Petri che ero sempre stato.

Il medico del lavoro mi inviò ai servizi di psichiatria intensiva e da allora intrapresi una nuova direzione verso un futuro migliore. La mia famiglia ed altre persone care si rincuorarono per questa nuova situazione. Mia moglie aveva perso fiducia in me; la cosa più importante in quel momento era riportare tutto alla normalità in modo che la mia famiglia non cadesse a pezzi. La priorità era smettere di bere alcolici.

Come paziente psichiatrico, fui inizialmente preso in carico per circa tre mesi durante i quali venivo spesso “intervistato” dai loro operatori. Mi prescrissero degli antidepressivi e dei sedativi. Sfortunatamente questi farmaci causarono un livello di confusione ancora più grave e mi portarono ad avere incubi spaventosi. Mi dissero che ero diventato anche sonnambulo.

A casa cominciarono a venire a galla alcuni problemi. [Ad esempio] toglievo i piatti sporchi dalla lavastoviglie e li mettevo nella credenza insieme a quelli puliti e altre cose di questo genere – se non peggiori. I membri della mia famiglia cominciarono a temere per la loro sicurezza e per la mia. Questo era comprensibile, anch’io ero preoccupato.

Riportai questi problemi all’infermiera nel reparto di psichiatria la quale mi sottopose a un breve test di memoria. Mi diede tre parole da ricordare ma non ci riuscivo. Mi mandò dal neurologo di turno. Dall’esito di un esame del sangue risultò che c’era qualcosa che non andava con la mia tiroide. A quel punto diventai contemporaneamente un paziente della psichiatria, della neurologia e della medicina interna!

Cominciai ad avere sempre più problemi quando ero in casa e mentre guidavo. Così smisi di guidare volontariamente perché mi sentivo un pericolo per me stesso e per gli altri in strada.

Per due anni nessun operatore sanitario mi chiese alcunché sul mio diritto di guidare. Quando arrivai alla visita d’invalidità dissi al dottore della mia patente di guida ancora valida, gli dissi che non mi accorgevo più delle luci del semaforo o del traffico. Mi disse che sfortunatamente doveva informare la polizia. Fu così che il dipartimento trasporti mi tolse la patente.

Sono stato abbastanza fortunato da convincere me stesso a ricoverarmi in un reparto di psicogeriatria – ma non fu facile. Lì, per la prima volta, fui veramente ascoltato e successivamente cominciarono a farmi altri esami del sangue, test mnemonici, neuropsicologici ed esami strumentali.

Dopo una settimana nel reparto di psicogeriatria, il medico mi disse che sospettava che avessi un problema neurologico chiamato demenza frontotemporale (FTD). Ero completamente impreparato a questa notizia, non avevo mai sentito parlare di questa malattia. Mi disse che è un raro disturbo della memoria che presenta i miei stessi sintomi. Avevo solo sentito parlare di Alzheimer prima. Per non parlare del fatto che ero ancora in età lavorativa – non pensavo si potesse avere problemi di memoria quando si è ancora così giovani.

Rimasi ricoverato in quel reparto per cinque settimane, sebbene nei weekend potevo sempre raggiungere la famiglia. Questo periodo della mia vita stava diventando sempre più lungo.

Durante questo periodo incontrai persone che erano in situazioni peggiori della mia. Sentivo di avere toccato il fondo, ma sapevo anche di avere due scelte: lasciarmi andare oppure no.

Fortunatamente ho scelto la seconda opzione.

Trascorsi qualche mese ricoverato nel reparto di medicina interna. Lì scoprirono che alcuni valori del sangue riferiti alla tiroide non potevano essere responsabili di tutti i problemi che stavo vivendo. Un medico di medicina interna concordava con l’ipotesi che questi problemi fossero causati da una demenza frontotemporale. Contattò l’ambulatorio neurologico e chiese di sottopormi ad altri esami strumentali. Mi avevano già sottoposto a diversi esami approfonditi in neurologia ma fino ad allora l’enfasi era stata più sulla malattia psichiatrica. Avevo ricevuto una diagnosi di depressione moderata o maggiore. Avevo anche ricevuto una diagnosi di disturbi di memoria e psicosi.

Il problema principale durante tutto questo periodo fu l’eccessivo numero di visite mediche e la mancanza di comunicazione tra i vari dipartimenti che mi avevano in carico. Non erano sempre al corrente di cosa stessero facendo i loro colleghi.

Ad esempio: nella stessa settimana fui dimesso contemporaneamente sia dal reparto psichiatrico che dal reparto di neurologia. A quel punto rimasi completamente senza assistenza; se non fosse stato per l’aiuto di un infermiere della psichiatria, sarei rimasto completamente da solo. L’infermiere contattò l’assistenza di medicina del lavoro e così ritornai sotto la loro tutela dopo un lasso di tempo di più di un anno. Condivisi con il loro medico tutti i referti medici che avevo raccolto fino ad allora e venni sottoposto a un colloquio molto attento. Lo stesso medico preparò un invio alla TAYS, la clinica neurologica ambulatoriale, dove fortunatamente fui accettato. Tutti i test neurologici e le visite mediche nei mesi successivi furono tutti condotti da questa clinica.

Non passò molto tempo quando mi confermarono la diagnosi di demenza frontotemporale – comunicazione che per me fu un grande sollievo: adesso sapevo qual era la mia malattia. Nei due anni precedente avevo l’impressione che la depressione non fosse la causa dei miei problemi.
Ero contento e mi diedi molto da fare, sebbene le cose non andassero come avrei voluto. Mi sentivo fortunato di poter contare sul supporto di altri. Mi chiedo come si possa vivere questa esperienza da soli.

Sono contento che adesso si sappia di più rispetto a questa malattia. La Finlandia sta conducendo grandi ricerche al riguardo. In futuro, si potrà ottenere la diagnosi più velocemente e con più certezza. Le persone che ne soffrono e i loro cari potranno avere un cammino più facile rispetto al mio. Con una diagnosi più tempestiva anche la società potrà senz’altro risparmiare.

All’inizio di questo testo, ho scritto di come ero solito guardare video stranieri che parlavano di disturbi di memoria. Poiché ne ho guardati tanti in questi ultimi due anni, quando ho ricevuto la diagnosi sapevo già qualcosa della mia malattia. Ho ricevuto maggiori informazioni dall’associazione locale che si occupa di disturbi di memoria. Anche la mia famiglia ha ricevuto sostegno dalla stessa associazione, sottoforma di auto mutuo aiuto, suggerimenti e opuscoli. È valsa la pena conoscerli e partecipare alle loro attività. Da quando la mia vita lavorativa si è conclusa, grazie a loro ho conosciuto tante nuove persone. Negli anni, sia io che mia moglie siamo stati accompagnati dai membri dell’associazione a diventare esperti per esperienza.

All’inizio del 2021 ho iniziato il quarto anno di attività nel Gruppo di Lavoro Europeo delle Persone con Demenza (European Working Group of People with Dementia, EWGPWD). Grazie a questo gruppo mi sento più coinvolto nella vita, condivido le mie esperienze e imparo tante cose nuove. L’aiuto di mia moglie, dei miei cari e dei miei amici ha giocato un grande ruolo in questa esperienza. Mia moglie ha lavorato di meno per potermi aiutare; anche altre persone mi hanno assistito quando ne avevo bisogno.

Ho fatto richiesta e ho ricevuto servizi di riabilitazione neurologica. In questo periodo di adattamento mia moglie era al mio fianco. Questi servizi sono stati molto utili. Ho anche fatto richiesta e ottenuto servizi di supporto per persone anziane e con disabilità. Quando vivevo ancora a Hameenlinna, ho utilizzato servizi di trasporto sociale per le persone con gravi disabilità. Mi hanno anche riconosciuto il diritto al supporto di un assistente personale, oltre che a servizi di supporto a sostegno delle attività quotidiane. A mia moglie è stato invece riconosciuto il diritto a ricevere un assegno supplementare per i caregiver familiari. Sul fronte dell’assistenza prevista per le persone anziane, sono entrato a far parte di un gruppo riabilitativo condotto da un fisioterapista per potenziare forza ed equilibrio. I servizi di assistenza domiciliare mi hanno seguito per tre anni. Nel corso degli anni ho riacquistato sicurezza e, con il cambio di residenza, l’assistenza domiciliare è stata interrotta.

Abitare in una casa indipendente non era più l’opzione più sicura; così adesso viviamo in una villetta a schiera in Seinajoki. È molto difficile redigere richieste [per il riconoscimento dei propri diritti]. Da quando ci siamo trasferiti a Seinajoki, mi sono dovuto mettere d’impegno per ottenere di nuovo tutti i servizi per i disabili – e non ho ottenuto gli stessi servizi rispetto a prima. Sfortunatamente, al momento i criteri per l’assistenza non sono gli stessi per tutte le zone della Finlandia.

Mantengo le mie funzionalità grazie all’alimentazione, ai miei contatti sociali, all’attività fisica e alle piccole cose della vita di tutti i giorni. Faccio cose che mi piacciono, finché riesco a farle da solo.

La sicurezza è importante, così come è importante l’arte del perdono. Non ti devi stressare se qualcosa non funziona come prima. Se ti stressi, sarai ancora più in difficoltà. Sono cose che mi sono detto da solo imparando dai miei errori.

Perdo molte cose e naturalmente ciò mi causa molte difficoltà. Sul treno o sul bus, tengo stretta la cintura della borsa, altrimenti me la dimentico. Ho problemi di attenzione, concentrazione e memoria a breve termine. Sono anche molto incline agli incidenti, inciampo facilmente e mia moglie qualche volta mi deve incerottare. Ad ogni modo, continuo ad andare avanti, con curiosità e coraggio.

Alcuni supporti quotidiani che uso a casa mi aiutano molto. Da otto anni utilizzo una grande lavagna appesa alla parete dove annoto i miei appuntamenti, eventi e cose da fare. Sulla lavagna annoto anche informazioni per i miei famigliari così sanno dove sono quando esco di casa. Utilizzo evidenziatori di diversi colori e calamite per identificare tutto in modo chiaro ogni attività. Ogni tanto faccio una foto della lavagna con il mio cellulare così ho le informazioni a portata di mano anche quando sono fuori casa. Ho fatto anche diverse liste di cose da fare che mi aiutano a tenere traccia di tutto quello che ho fatto o di quello che ho bisogno. Ho rilevatori di fumo in ogni stanza e non accendo mai candele in casa.

Ho dato un volto al mio disturbo di memoria senza provarne vergogna. Il disturbo di memoria è un disagio neurologico che non colpisce solo gli anziani.

Sono stato senza qualcuno che monitorasse la mia malattia per più di sei anni. Fortunatamente adesso le cose stanno cambiando, il distretto sanitario del Sud Ostrobothnia ha appena messo a punto un percorso terapeutico per le persone con disturbi di memoria. Spero ne realizzino uno anche per chi è ancora in età lavorativa. Questo percorso dovrebbe essere esteso a livello nazionale.

In questi ultimi anni ho cercato di migliorare l’atteggiamento che hanno le persone nei confronti di questa malattia. Facendo piccole cose, possiamo cambiare le cose in una direzione più “amica della memoria”- memory-friendly.

Gli anni sono passati. Sono passati otto anni da quando ho lasciato il lavoro e sei anni da quando sono stato diagnosticato. Ho riconquistato la fiducia e l’amore di mia moglie. Questo mi fa sentire molto bene. Adesso capisco sempre di più il suo valore ed il suo amore. Avrebbe potuto abbandonarmi per tutte le difficoltà che la malattia ha causato. Per esempio quando le ho causato difficoltà finanziarie. Negli anni mi sono assunto la responsabilità di queste cose. Sto ancora male, ma è a causa della psicosi, dell’impulsività e del consumo di alcool emersi insieme alla malattia che ho fatto scelte irresponsabili.

[Con mia moglie] cerchiamo di non scavare nel passato, ma piuttosto facciamo e sperimentiamo insieme tante cose perché non vogliamo sprecare i nostri giorni travolti dalle preoccupazioni.
Nonostante la malattia, la vita mi ha dato altre cose in questi ultimi anni. Continuo ad andare avanti e credo di avere ancora tanto da vivere.

Sono preparato a vivere l’evoluzione della mia malattia, ai trattamenti che sarà necessario fare. Ho preparato le mie disposizioni anticipate di trattamento. Ho anche detto a mia moglie e ai ragazzi che desidero essere separato dalla mia famiglia qualora il mio comportamento diventasse troppo aggressivo o troppo pesante per loro. Ho preparato una playlist e selezionato alcune mie foto nella speranza che riescano a calmarmi se mai dovessi vivere brutti momenti. Spero che quei momenti non arrivino mai, ma la vita è piena di sorprese e lo sono anch’io.

Non vale la pena dare troppo potere alla paura e ai cattivi pensieri.

GRAZIE!

Questo articolo è stato pubblicato originariamente sul blog di Alzheimer Europe, il 16 dicembre 2021