Simona si racconta: Voglio essere di aiuto finché mi sarà possibile

Simona e Gianni
Nella foto, Simona con suo marito Gianni

Quella di oggi è una testimonianza speciale per noi novilunici. Non solo perché è scritta dalla nostra Simona*, di cui avete già sentito parlare qui e qui, nonché membro (molto attivo) del nostro gruppo online di persone con demenza. Ma anche perché la sua testimonianza si rivolge in modo particolare a chi come lei sta vivendo le prime fasi di un deterioramento neurocognitivo e si sente solo (o sola) e non sa con chi parlarne.

La storia di Simona è allo stesso tempo rara e universale. E’ rara perché Simona e la sua famiglia rappresentano l’eccezione alla regola: nonostante abbia solo 49 anni, l’anno scorso ha ricevuto una diagnosi di degenerazione frontotemporale. E’ quindi giovanissima rispetto alla media delle persone che convivono con queste malattie. Ed essendo molto giovane, anche le circostanze che caratterizzano la sua quotidianità sono diverse rispetto a chi vive la diagnosi in età più avanzata: Simona ha tre figli adolescenti da crescere e mantenere insieme a suo marito Gianni, ha un lavoro da portare avanti per contribuire al budget familiare e, insieme al fratello, si prende cura di suo padre che ha a sua volta una demenza frontotemporale.

Allo stesso tempo, la testimonianza di Simona racchiude tutti gli stati d’animo, le frustrazioni e le speranze di persone con demenza di ogni età e nazionalità che abbiamo avuto la fortuna di incontrare in questi anni. Nonostante tutto, la sua spinta alla vita rimane intatta – e come potrebbe essere altrimenti? Simona vuole continuare a sentirsi viva, a dare il suo contributo, a esserci nel mondo insieme a tutti noi.

Per Novilunio è un vero privilegio camminare insieme a lei e contare sul suo aiuto per promuovere la causa: c’è ancora tanta vita da vivere dopo la diagnosi.

Grazie Simona.


Simona e Gianni con i loro figli
Simona e Gianni con i loro pargoletti qualche anno fa

Mi chiamo Simona

La carissima Eloisa dell’associazione Novilunio mi ha chiesto di raccontare la mia esperienza con il mio disturbo cognitivo, quindi eccomi qui. Mi racconterò andando in ordine cronologico perché mi riesce meglio…

Mi chiamo Simona, ho 49 anni, sono nata e abito a Castelfranco Emilia, accogliente cittadina che si trova sulla via Emilia tra Modena e Bologna.

I miei nonni paterni erano braccianti agricoli e della mia infanzia ho un bellissimo ricordo delle domeniche di inizio ottobre quando tutta la famiglia si riuniva per vendemmiare. Anche noi nipoti aiutavamo un po’ e poi correvamo felici per i campi. Come molti ragazzi degli anni ‘70/’80, ho trascorso l’infanzia in cortile con gli amici.

Il mio amore per la natura probabilmente risale ad allora: ancora oggi adoro stare all’aria aperta, amo viaggiare, adoro il trekking in montagna e le passeggiate in riva al mare in prima mattinata o al tramonto.

L’incontro con mio marito

Da adolescente facevo volontariato in parrocchia, ed è lì che nel 1989 ho conosciuto Gianni, un bel ragazzo alto e moro. Ci siamo innamorati e da allora abbiamo coltivato il nostro sogno di creare una famiglia tutta nostra.
Quando ci siamo conosciuti, Gianni lavorava già come cuoco, mentre io mi sono diplomata in lingue nel 1991. Nel 1992 ho iniziato a lavorare come impiegata in un’azienda vicina a casa. Nel 1998 ci siamo sposati, abbiamo messo insieme i nostri risparmi e iniziato a pagare il mutuo per un bell’appartamento in una zona residenziale di Castelfranco.

I primi anni avevamo un bellissimo panorama sulla campagna che guardava il Monte Cimone. Adesso per vedere i monti dobbiamo spostarci un po’… pazienza. Fortunatamente l’area verde intorno a casa è molto bella, ci svegliamo ancora con i suoni della natura.

Durante i primi anni di matrimonio Gianni era spesso in viaggio per lavoro in Italia e all’estero, lavorava come cuoco-promoter per una ditta di preparati per la cucina. Poi insieme a un suo collega ha rilevato un bar storico nel centro di Mirandola. Per lui era soprattutto un’occasione per stare più vicino a casa. Di lì a poco, ad agosto 2001, ho scoperto che eravamo in dolce attesa!

Arrivano i tre pargoletti

Oltre ad essere un bravo marito, Gianni è anche bravissimo con i bambini. È anche per questo che abbiamo deciso di fare tre figli nell’arco di poco tempo: ad aprile 2002 è nato il nostro primogenito, a gennaio 2004 è nato il nostro secondo figlio e a giugno 2006 è arrivato il nostro terzogenito – tutti maschi e tutti nati di venerdì… come è buffo il destino!

Tra una maternità e l’altra, e anche negli anni successivi, ho continuato a lavorare come impiegata, mentre Gianni, dopo aver ceduto il bar, ha ricominciato a lavorare come chef per una cooperativa di ristorazione.

In tutti questi anni, la nostra vita è trascorsa con gli alti e bassi tipici di tutte le famiglie, sempre di corsa per seguire i figli nelle loro attività sportive, gruppo scout, ecc.

L’esordio dei primi sintomi

I miei problemi sono iniziati probabilmente nel 2016: all’età di 43 anni ho iniziato ad avere difficoltà di concentrazione e memoria, facevo fatica ad organizzarmi sia al lavoro che a casa. Nello stesso periodo sono stata messa in mobilità dall’azienda dove lavoravo a seguito di un licenziamento collettivo già programmato. Ma era già da un po’, soprattutto nell’ultimo anno, che facevo orari pesanti e il carico di lavoro era una “missione impossibile”.

All’epoca, parlai al mio medico di famiglia delle mie difficoltà di concentrazione, ma secondo lui i problemi erano legati alla stanchezza mentale che avevo accumulato e alla mia situazione familiare. Infatti, nello stesso periodo, mio padre si era ammalato di demenza frontotemporale e purtroppo avevamo perso il suo supporto. Fino ad allora, ci aveva sempre aiutato molto con i nostri figli, insieme a mia mamma: li andava a recuperare a scuola e se ne prendeva cura finché non arrivavamo a prenderli io o Gianni.

Negli ultimi tempi tuttavia mio padre era diventato molto nervoso e aveva problemi di memoria. Era consapevole delle sue difficoltà, tanto che alle prime visite di controllo dalla geriatra ci andò solo. In famiglia avevamo spesso discussioni perché mia mamma non accettava che mio padre si fosse ammalato.

Tanti lavori per andare avanti

Dopo il licenziamento, mio marito è sempre stato molto comprensivo e vicino. Mi ha suggerito di lasciare il passato alle spalle e ripartire cercando un lavoro più leggero.

Chiesi aiuto anche a uno psicologo del servizio cognitivo della ASL: come mi aveva detto anche il mio medico di base, secondo lui le mie difficoltà erano dovute a tutto lo stress accumulato negli ultimi mesi.

Dopo essermi riposata per qualche settimana, il nostro parroco mi chiese di sistemare alcuni locali della parrocchia e aiutare la sua segretaria ad inserire i dati degli asili parrocchiali – lavoro che feci molto volentieri. Finito quel lavoro, andai a lavorare per una ditta di stiratura di Modena. Nello stesso periodo lavoravo come babysitter per una famiglia con due bambini piccoli. Mi sono divertita molto con queste due nuove mansioni.

Contemporaneamente aiutavo i miei genitori con il supporto di mio fratello. La malattia di mio padre era peggiorata e c’era bisogno di noi: rifiutava di lavarsi, mangiava poco e beveva pochissimo. Ad un certo punto è stato ricoverato in una casa di cura per un mese. Quando è uscito era migliorato, ma aveva comunque dei ritmi diversi da quelli di mia mamma, la quale continuava a non accettare la situazione, creando spesso tensioni che agitavano ulteriormente mio padre.

Dal 2018 al 2020 ho lavorato come operatrice multiservizio presso una signora con problemi psichiatrici: è stata per me un’esperienza importante perché ho arricchito la vita di questa signora molto sola. Oltre al nostro rapporto di lavoro, era nata una bella amicizia. Sfortunatamente la signora si è ammalata; l’ho assistita in ospedale fino a febbraio 2020, quando purtroppo è deceduta.

Dopo questa esperienza ho lavorato come collaboratrice domestica per alcune famiglie. Anche in questa mansione mi sono resa conto di essere lenta. A volte poi non ricordavo se avevo già pulito in un certo posto o stanza oppure no… nel dubbio tornavo a pulire, con grande gioia dei miei clienti che erano sempre molto soddisfatti del mio lavoro!

Negli ultimi due anni sono ritornata a lavorare come babysitter: in questa mansione invece non ho problemi di concentrazione, anzi, è un lavoro che mi carica di gioia!

La diagnosi

Un paio di anni fa, è successo un altro episodio che ha dimostrato ulteriormente le mie difficoltà di concentrazione. È successo mentre guidavo autostrada con l’auto di mio marito. Stavo tornando dal mare, da Cattolica a Castelfranco, Gianni non c’era perché era partito in treno con un giorno di anticipo per motivi di lavoro. Ebbene, il viaggio nel traffico intenso richiese una fatica di concentrazione enorme, arrivai a casa veramente esausta. Da allora ho smesso di guidare in autostrada.

Durante l’estate 2019 iniziai ad avere spesso mal di testa e soffrire di diversi dolori articolari, al collo e alla schiena. Mi accorsi anche che la mia resistenza fisica non era più quella di prima.

Accompagnando mio padre ad una visita di controllo, ho spiegato la mia situazione al medico del centro cognitivo della ASL di Castelfranco. La dottoressa mi disse di rivolgermi all’ospedale di Baggiovara: è lì che vengono indirizzate le persone giovani con disturbi cognitivi nella nostra zona.

Ed è sempre lì che ho conosciuto la dottoressa che mi sta curando, insieme alla sua equipe, prendendosi a cuore la mia situazione. Mi ha sottoposto a tutti gli esami e test psicologici del caso, confermando i miei problemi sia di memoria che di linguaggio, dovuti probabilmente ad una componente genetica.

Durante la primavera 2020 mi diagnosticarono un disturbo cognitivo lieve (MCI disesecutivo di tipo semantico con origine neuro degenerativa). Nel corso dell’ultima visita di un paio di mesi fa mi hanno comunicato la diagnosi di demenza frontotemporale, con problemi anche a livello motorio.

Nel frattempo le mie difficoltà sono aumentate: recentemente mi sono accorta che non riesco a stare al computer per più di un’ora, poi soffro di nausea. Alcune volte mi viene il mal di testa e la nausea dopo aver guardato film con trame impegnative. Quando ci sono programmi televisivi con effetti speciali o luci particolari, devo spostare lo sguardo perché mi danno fastidio – anche in questo caso mi torna la nausea. Ho avuto le stesse reazioni anche ad un concerto dove stavano utilizzando luci stroboscopiche.

Qualche tempo fa ho chiesto consiglio anche al mio medico di famiglia per i medicinali che potevano aiutarmi a stare un po’ meglio, soprattutto per contenere i dolori articolari che stanno aumentando gradatamente. Purtroppo secondo lui l’unico rimedio è la Tachipirina 1000 – peccato che il mio fisico se ne sia assuefatto e praticamente non mi dà più nessun tipo di sollievo.

Adattarsi alla nuova normalità

Durante una risonanza magnetica aggiuntiva che ho accettato di fare per uno studio sperimentale, un giovane medico ha spiegato a mio marito che la mia malattia “va vissuta giorno per giorno” perché nessuno sa effettivamente quale sarà il suo decorso. Queste parole hanno talmente spaventato Gianni che nei giorni successivi ho dovuto tirarlo su di morale.

Ancora adesso Gianni fa molta fatica ad accettare che io sia cambiata e che non riesco più a fare tutte le cose che facevo prima. Anche per me è difficile adattarmi alla mia nuova vita, ma preferisco sdrammatizzare, perché se mi innervosisco purtroppo sto peggio anche fisicamente: i nervi del collo si irrigidiscono, mi viene mal di testa e devo dormire per riposarmi un po’. E poi sono convinta che quando ti trovi in certe situazioni non hai scelta e devi reagire per forza, visto che i ragazzi hanno ancora tanto bisogno di noi. Come si dice qua in Emilia bisogna “tenere botta” e andare avanti!

Dopo la visita in cui mi comunicarono la prima diagnosi, ne parlammo con mio fratello e con la sorella di Gianni. Entrambi si sono sempre dimostrati molto comprensivi e disponibili, oltre che rattristati da quello che stiamo vivendo…

Ai nostri figli invece abbiamo comunicato i miei problemi di salute solo l’anno scorso, dopo esserci consultati con la Dott.ssa Milena Barone di Novilunio. In realtà, quando abbiamo iniziato a parlarne ci siamo accorti che – essendo molto svegli – avevano già intuito che non stavo bene. Da allora mi aiutano un po’ anche nei lavori domestici.

L’anno scorso in ottobre abbiamo organizzato un incontro di famiglia con il medico specialista che mi segue per dare una spiegazione scientifica ai ragazzi: è stata molto gentile, diretta e sincera, oltre che molto tesa. Ha spiegato che era la prima volta che si trovava a parlare con dei ragazzi così giovani. Quando mio figlio maggiore si è raccomandato con la dottoressa di curarmi bene, mi sono commossa. Sono veramente dei bravi ragazzi e, anche se hanno una mamma super incasinata, siamo una bella squadra!

I miei genitori e mia suocera invece non sanno ancora praticamente nulla dei miei problemi, sanno solo che ho un problema neurologico ed ogni tanto devo fare controlli.

La scorsa estate abbiamo iniziato a parlarne anche con gli amici, che sono molto carini nei miei confronti e capiscono la situazione. A due cene con altre coppie mi sono stancata molto perché non riesco a mantenere l’attenzione sulle persone oppure a conversare per più di mezz’ora di seguito. Quando mi succede magari sembro distratta o poco socievole – e mi dispiace.

L’approdo a Novilunio

Nelle prime settimane dopo la diagnosi io e Gianni ci siamo sentiti un po’ soli perché, anche se i dottori sono disponibili in caso di bisogno, ti ritrovi comunque spaesato, non sai a chi rivolgerti per chiedere consigli e non conosci nessuno nella tua situazione con cui confrontarti.

Abbiamo fatto qualche ricerca su internet per trovare testimonianze di persone con il mio stesso disturbo. Navigando online ho scoperto l’associazione Novilunio: ho scritto una mail e sono stata contattata da Eloisa, e poi Cristian, Milena, Livia e Omar. Ci hanno dato tantissimi consigli per noi veramente fondamentali: io e Gianni ci riteniamo davvero fortunati di averli conosciuti!

Con loro ci siamo incontrati diverse volte in videoconferenza, poi abbiamo deciso di iscriverci all’associazione.

A partire da quest’anno io e Gianni abbiamo iniziato a frequentare gli incontri di gruppo online organizzati da Novilunio: sono molto interessanti, adesso non vediamo l’ora di vederci tutti insieme al prossimo incontro dal vivo che Novilunio sta organizzando per noi.

Oltre a essere in contatto con Novilunio, mi sono iscritta anche a Dementia Alliance International dopo aver letto il libro di Kate Swaffer. Continuo anche a tenermi aggiornata sugli studi che riguardano la mia malattia. Ad esempio stamattina sono stata ad un convegno a Modena in cui si parlava di malattie neurodegenerative a esordio precoce. È stato davvero molto interessante, ho visto molta passione nel lavoro dei giovani ricercatori e tanta solidarietà e voglia di fare da parte dei caregiver e delle associazioni dei familiari. C’è stata tanta commozione ed entusiasmo da entrambe le parti! Visto che mi prendo cura dei miei genitori, durante il convegno mi sono sentita coinvolta sia come persona che vive la malattia che come caregiver.

Voglio essere di aiuto finché mi sarà possibile

Ho deciso di scrivere questa testimonianza perché ho tanta voglia di fare e aiutare chi si trova nella mia situazione, oppure ha appena ricevuto la diagnosi. Vorrei mettermi in contatto con loro, anche solo per scambiare due chiacchiere. Conosco bene il senso di smarrimento che si vive subito dopo la diagnosi. E se c’è una cosa che ho capito in questi anni è quanto sia importante avere accanto qualcuno che ti offra parole di conforto per andare avanti. È per questo che desidero aiutare gli altri, ho ancora tanto da condividere nonostante le mie difficoltà. Voglio essere di aiuto finché mi sarà fisicamente possibile.

Sono innamorata della vita e sono piuttosto ottimista. A chi si sta domandando dove trovo le energie per andare avanti, rispondo: vengono dalla mia famiglia, dalla fede e dai piccoli aspetti positivi delle giornate… dal piacere di una bella giornata di sole, o dal bellissimo foliage di questi giorni di autunno, dal contatto con i bambini, da un po’ di meditazione che ho cominciato a praticare ultimamente… Mi aiutano anche la solidarietà e la fiducia che ricevo dalle persone per le quali lavoro o collaboro che sono al corrente delle mie difficoltà e non mi hanno rifiutata, anzi, mi fanno sentire ancora utile!

Grazie a tutti e grazie di cuore a Novilunio che mi sta dando questa bellissima opportunità!

P.S. Per preservare la sua privacy e quella dei suoi familiari, Simona preferisce non condividere il suo cognome o i nomi dei suoi figli