Vivere con la degenerazione frontotemporale

Nella foto, a sinistra, Cindy Odell a un evento organizzato dall’AFTD, Associazione per la Degenerazione Frontotemporale

Oggi ho il piacere e l’onore di condividere l’esperienza di due donne che nel bel mezzo della loro vita hanno ricevuto una diagnosi di degenerazione frontotemporale di tipo semantico. La prima esperienza è di Simona, mamma di tre figli adolescenti, moglie e lavoratrice tuttofare, nonché caregiver dei suoi genitori. Dal 2015 (all’epoca aveva 43 anni), Simona convive con difficoltà neurocognitive che hanno cambiato la sua vita – a partire dalla perdita del lavoro come impiegata di un’azienda internazionale, alle difficoltà di concentrazione e ai disturbi percettivi che l’hanno resa allergica ai luoghi troppo rumorosi o luminosi.

Ciononostante, Simona non si dà per vinta e continua a lottare per tenersi stretto tutto ciò che per lei è vita: i suoi affetti, le sue abitudini, le sue relazioni, la sua voglia di vivere. Ma soprattutto, per lei (così come per suo marito), vivere una vita di senso significa innanzitutto dare il proprio contributo per migliorare il mondo in cui vive. Ecco perché ha deciso di darci una mano traducendo per novilunio la testimonianza di Cindy Odell, che potete leggere qui di seguito. Come Simona, anche Cindy ha ricevuto una diagnosi di degenerazione dei lobi frontotemporali quando non aveva neppure 50 anni. Ma soprattutto, proprio come Simona, anche Cindy ha deciso di convogliare le sue energie nell’attivismo. Da ormai oltre sette anni, Cindy dedica gran parte del suo tempo a far conoscere la sua malattia sui social e come socia sostenitrice della più grande associazione internazionale dedicata a questa forma di demenza: The Association for Frontotemporal Degeneration (AFTD) (Associazione per la Degenerazione Frontotemporale) che ha sede in Pennsylvania, negli Stati Uniti. Dal 2014 Cindy scrive sul suo blog FTD Doesn’t Bring me Flowers (trad. la degenerazione frontotemporale non mi porta dei fiori) in cui ha documenta l’evoluzione della sua malattia, con tutte le sue sfide quotidiane e i sogni e le speranze che la fanno andare avanti giorno dopo giorno. Ultimamente fa più fatica a scrivere articoli ma è sempre attiva su facebook, il suo profilo lo trovati qui.

Leggendo il suo blog, Simona ha scelto di tradurre uno dei primissimi post che Cindy ha scritto a distanza di qualche mese dalla sua diagnosi. Nell’articolo, Cindy non solo descrive le differenze principali tra malattia di Alzheimer e degenerazione frontotemporale, ma racconta anche della sua esperienza ogni volta che si scontra con chi nega o minimizza le sue difficoltà.

Quando ci ha inviato la sua traduzione, Simona ci ha spiegato perché questo post l’ha colpita in modo particolare:

Ho scelto questo articolo perché sembra che l’abbia scritto io. Mi ci ritrovo molto, soprattutto per la sua “lotta per trovare le parole corrette”, e poi perché Cindy sta cercando di capire meglio la differenza tra Alzheimer e degenerazione frontotemporale: proprio in queste settimane, anche io sono in attesa dell’esito dell’esame genetico che forse definirà meglio i miei problemi.

Come moltissime persone che hanno una degenerazione che colpisce l’area semantica delle loro funzioni cognitive, anche Simona preferisce la parola scritta a quella parlata:

Oggi ho seguito l’esempio di Cindy che si esprime meglio quando scrive rispetto a quando parla. Purtroppo in questi giorni una mia amica ha scoperto di avere un problema neurologico e stamattina, invece di chiamarla per telefono, le ho scritto un messaggio di incoraggiamento che lei ha apprezzato molto – si è commossa. Sì, ho pensato, è meglio che le scriva, così non faccio confusione con le parole… lo avevo già fatto anche con una mia zia durante l’ultimo ricovero di mio padre per spiegare un po’ la situazione famigliare. Anche lei da allora mi manda qualche messaggio di incoraggiamento!
Si sta creando un circolo di affetto in questo periodo così particolare.

Prima di lasciarvi alla testimonianza di Cindy, ringraziamo di cuore Simona per aver trovato e tradotto questo testo che speriamo possa essere di aiuto anche per altre persone.

Buon venerdì a tutti.

Eloisa (e Simona)

PER FAVORE, SCUSATE SE MI LAMENTO

di Cindy Odell

Domenica 30 Novembre 2014

Ahhh… un’altra settimana, un’altra frustrazione dovuta a qualcuno a cui voglio bene e che non crede che ci sia qualcosa che non va in me. È difficile per me spiegare quanto sia grande questa frustrazione. Eccomi qui, intrappolata in questo cervello che non vuole collaborare con me. Ma siccome nessuno può vedere i miei sintomi, la mia malattia non esiste.

Mi sono imbattuta in una lista di differenze tra demenza frontotemporale e malattia di Alzheimer che può aiutare a capire meglio le due diagnosi. Sto ancora cercando ulteriori informazioni, ma nel frattempo [ecco quello che sono riuscita a scoprire finora]:

La degenerazione frontotemporale non è così rara come si pensa: è la seconda causa più comune della demenza ad esordio precoce. Inoltre, a causa dell’ampia varietà dei suoi sintomi e del fatto che ha un esordio graduale, la degenerazione frontotemporale è spesso inizialmente confusa con un problema psichiatrico, con la malattia di Alzheimer, con la malattia di Parkinson o con la demenza vascolare.

Confronto tra demenza frontotemporale e malattia di Alzheimer

Entrambi i due disturbi, degenerazione frontotemporale (DFT) e disturbo di Alzheimer (AD), sono caratterizzati da un’atrofia del cervello e una graduale progressiva perdita di funzioni cognitive.

Alcune importanti distinzioni possono aiutare a differenziare le due malattie:

  • La degenerazione frontotemporale è in primis una patologia del comportamento e della funzione del linguaggio, mentre il segno distintivo dell’Alzheimer è la perdita di memoria.
  • Spesso la degenerazione frontotemporale esordisce prima rispetto all’Alzheimer, con un esordio tra i 50 e i 60 anni – vale a dire, in media 10 anni prima rispetto a una diagnosi di Alzheimer.
  • Le persone con degenerazione frontotemporale hanno spesso comportamenti impulsivi e cambiamenti di personalità (difficoltà nel rispettare le norme sociali e deficit nella consapevolezza del proprio comportamento), ma possono mantenere le funzioni principali della memoria (ad esempio, ricordano gli eventi della giornata, hanno orientamento spazio-temporale). Le difficoltà delle persone con Alzheimer sono caratterizzate da deficit di memoria, ma in genere hanno un comportamento sociale adeguato.
  • Alcune persone con degenerazione frontotemporale possono avere disturbi di linguaggio (soprattutto nelle due forme di afasia progressiva: demenza semantica e afasia progressiva non fluente). I modelli di perdita di linguaggio possono essere specifici, come l’inabilità a ricordare il nome di un oggetto di uso quotidiano oppure i nomi di persone. Le persone con Alzheimer vivono invece un deterioramento cognitivo più lieve nel ricordare nomi e parole.
  • Le persone con degenerazione frontotemporale sono più esposte al rischio di sviluppare disturbi del movimento, quali ad es. difficoltà a camminare, rigidità o tremori, atrofia muscolare e debolezza.

Aggiungerò un’altra piccola informazione: la degenerazione frontotemporale non si presenta mai nello stesso modo. Alcune persone vivono uno solo dei sintomi sopra indicati, mentre altre vivono una combinazione di più sintomi. È importante notare che l’elenco di sintomi elencati sopra non include tutti i possibili sintomi, ma è solo una lista delle principali differenze tra le due malattie.

Nel mio caso, quando ho ricevuto la diagnosi, avevo decisamente raggiunto l’età media di esordio di questa malattia. Rientro nel gruppo di persone che ha sintomi comportamentali e cambiamenti della personalità. Tra i miei sintomi, non inclusi nell’elenco sopra, c’è anche l’apatia e la piattezza delle emozioni, la mancanza di empatia per gli altri… è un vero stravolgimento della mia personalità rispetto a chi ero prima della malattia.

La mia è una lotta continua con le parole da usare, soprattutto se sono stressata o sto vivendo una situazione di disagio. Lotto per trovare le parole giuste da dire, il mio modo di parlare è diventato lento e tendo a balbettare. Prima non avevo questi problemi.

Ho anche difficoltà nell’utilizzare gli elettrodomestici – il forno a microonde, la lavastoviglie e la lavatrice.

Qualche tempo fa ho anche iniziato ad avere difficoltà motorie. La mia gamba destra sembra non ricevere messaggi dal cervello e spesso la trascino mentre cammino. Ho cominciato a cadere più spesso e ad avere problemi quando devo schiarire la voce o devo deglutire. Ma soprattutto, i primi due sintomi della mia malattia sono stati la tendenza a perdermi anche nei posti familiari e l’impulsività.

Come ripeto spesso, mi sento ancora fortunata perché posso ancora leggere e, ovviamente, scrivere. Mi risulta più facile scrivere che parlare perché non devo scervellarmi con le parole, posso sedermi e digitare sui tasti fino a che non trovo le parole giuste. Scrivere mi dà anche la possibilità modificare e filtrare ciò che esce dalla mia bocca!

Tutto ciò spiega perché la gente non crede che io soffra di degenerazione frontotemporale. Le persone che mi conoscono da poco e mi vogliono bene non riescono a credere che il mio cervello non funzioni bene. Se non ci credono è anche perché non mi vedono spesso – o magari mi vedono solo raramente – e le nostre comunicazioni sono limitate al telefono o via internet. È abbastanza difficile riconoscere i miei sintomi in questo modo – tranne quando ho sbalzi di umore e mi esprimo senza filtri!

Queste sono persone con le quali mi trovo bene – con loro i miei problemi di linguaggio sono ridotti al minimo. Inoltre spesso si tratta di persone che conoscono la malattia perché hanno vissuto con qualcuno che aveva una diagnosi di Alzheimer e pertanto non notano le mie diversità. Da questo punto di vista, capisco perché siano loro i primi a non accettare o non credere che ci sia qualcosa che non va nel mio cervello.

Forse dovrei essere grata al fatto che nessuno si rende conto di quanto poco “collaborativo” sia il mio cervello. Ma in realtà vivo una lotta continua. La mia frustrazione risiede nel fatto che le persone non riconoscono le difficoltà che vivo ogni giorno e non capiscono perché non dipingo più oppure non faccio più volontariato come prima, oppure perché non sono più attiva come un tempo in parrocchia. Mi ferisce l’idea che forse pensano sia solo diventata pigra e non abbia più gli stessi interessi di prima.

Bene, mi scuso per la lunghezza del mio articolo e per essermi lamentata.

Ciononostante, spero che la mia frustrazione aprirà gli occhi di qualcuno sulle differenze tra i tipi di demenza e farà capire a coloro che ne soffrono che non sono soli! 

Cindy Odell

Titolo originale: “Please Excuse My Whining”, https://ftdnoflowers.blogspot.com/2014/11/please-excuse-my-whining.html


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