Nell’articolo di martedì scorso, vi abbiamo parlato del nuovo corso-manuale “Vivere bene con la demenza” realizzato dal Prof. Richard Cheston e dalla Dott.ssa Ann Marshall e pubblicato lo scorso maggio da Edizioni Centro Studi Erickson di Trento. L’approccio del corso è una novità assoluta in Italia perché prevede due tipologie di intervento tanto preziose quanto innovative: un supporto psicosociale strutturato di adattamento alla diagnosi e il coinvolgimento attivo dei partecipanti nell’elaborarne l’impatto (emotivo e pratico) sulla vita di tutti i giorni.
La scorsa primavera abbiamo deciso di sperimentare il percorso con un nuovo gruppo in partenza composto da 8 persone da diverse Regioni del Nord italia che stanno vivendo le prime fasi di demenza (da Alzheimer a esordio precoce a demenza frontotemporale – semantica e comportamentale – a demenza a corpi di Lewy) e lieve deterioramento cognitivo. Il percorso si è svolto interamente in videoconferenza nell’arco di circa tre mesi con cadenza settimanale ed è stato facilitato dalla nostra psicologa psicoterapeuta Dott.ssa Livia Wright e dal nostro presidente Cristian Leorin.
Oltre agli argomenti previsti dal programma ufficiale del corso, su richiesta dei partecipanti sono stati affrontati anche altri aspetti del vivere quotidiano. Ad esempio, è stato dedicato uno spazio particolare alle difficoltà di guida perché diversi corsisti stavano vivendo alcuni dubbi sul rinnovo della patente. A metà percorso abbiamo aggiunto anche un incontro con il medico neurologo Dott.ssa Chiara Cupidi per dare modo al gruppo di esplorare i dubbi e le domande riguardanti l’aspetto cognitivo e farmacologico della loro diagnosi.
Insomma, direte voi, com’è andata? Sembrerebbe bene, ma forse è meglio che ve lo dicano le dirette interessate. Nella doppia intervista che segue, Livia e Simona* (che avete già conosciuto qui) ci raccontano cosa ne pensano dell’esperienza da poco conclusa, ognuna dal suo punto di vista – Livia in veste di facilitatrice e Simone di corsista.
Vi lascio alle loro parole, buona lettura!
Eloisa
PS. Ve lo dico in confidenza: Simona è la mascotte del gruppo, visto che è la più giovane (ha solo 48 anni) ed è anche l’unica donna!
*A proposito di Simona: preferisce omettere il suo cognome per proteggere la sua privacy e quella della sua famiglia.
"Vivere bene con la demenza": il punto di vista di Simona e Livia
Adesso che il gruppo ha completato gli incontri previsti dal corso Vivere bene con la demenza è tempo di fare un bilancio su come è andata.
Simona, come hai vissuto questa esperienza come membro del gruppo?
Mi aspettavo degli incontri interessanti, ma sono andati oltre le mie aspettative. È andata molto meglio di quello che immaginavo. Di solito non parlo molto e a volte non riesco ad esprimermi come vorrei, faccio fatica a “mettere in fila” le parole! Nonostante ciò, come membro del gruppo, mi sono sentita accolta e libera di esprimere le mie sensazioni ed emozioni.
La condivisione delle difficoltà aiuta a sentirsi meno soli e secondo me si sta instaurando una certa solidarietà tra i componenti del gruppo. Le due ore d’incontro tra di noi passano velocemente, tra una testimonianza e l’altra non c’è noia. Il bello è che si crea un’aspettativa sulla “puntata” successiva ed è un peccato quando la riunione finisce…
[Qualcuno nel gruppo ha detto una cosa che condivido]: “È bello riconoscersi, capire che i problemi di uno sono anche i problemi dell’altro. La realizzazione che ci sono altre persone che hanno problemi vuol dire che non si è dei mostri, ci si sente meno marziani. Capire questo vuoi dire scambiare esperienze e cercare soluzioni”. Questo è il riassunto del nostro gruppo!Penso che siamo davvero un bell’assortimento di persone molto diverse tra di loro ma ognuno con una certa “saggezza” e per questo ci possiamo aiutare a vicenda. Sono felice di far parte di questa avventura, mi sento privilegiata!
E poi, Cristian e Livia sono bravi a metterci a nostro agio ed aiutarci ad esprimere quello che vogliamo comunicare, alcune emozioni non sono facili da spiegare!
Livia, come hai vissuto l’esperienza di facilitare un gruppo online con gli obiettivi di “Vivere bene con la demenza”?
Quando il mio cammino si è incrociato con quello di Novilunio è stato l’avverarsi di un sogno. In Italia, i gruppi di sostegno ed educazione rivolti alle persone che ricevono una diagnosi di demenza sono ancora poco diffusi.
Il manuale del corso “Vivere bene con la demenza”, di cui hai curato l’edizione italiana insieme a Samantha Pradelli e ad Erika Borella, è un prezioso alleato per chi vuole organizzare gruppi di questo tipo. È un canovaccio che si può adattare per rispondere ai bisogni e agli interessi di ciascun gruppo. Già dal titolo si capisce che la prospettiva di questo percorso è positiva: insieme al gruppo abbiamo potuto riflettere sugli ingredienti che servono per vivere bene dopo aver ricevuto una diagnosi così devastante. Per fare questo abbiamo anche affrontato temi “tosti”, come li chiamiamo nel gruppo. Ma è proprio qui la novità! Paradossalmente, parlare apertamente della demenza con chi la vive in prima persona è ancora un tabù nella nostra società…
Parlare apertamente della propria diagnosi può essere molto difficile. Eppure questo è uno degli obiettivi principali di questo corso.
Simona, come ti ha fatto sentire parlare apertamente della tua diagnosi con altre persone?
L’occasione di poterne parlare apertamente mi fa sentire meglio, mi sento compresa e sento che tutti i membri del gruppo mi ascoltano: in questo gruppo mi sento rispettata e la solidarietà è un supporto per avere più energie nell’affrontare la malattia nei giorni successivi agli incontri.
E poi secondo me bisogna dirlo alle persone di cui ci fidiamo, conversando si può trovare aiuto reciproco, come nel nostro gruppo, che offre tanti spunti di riflessione e nuove idee da sperimentare.
Mi capita di pensare agli argomenti di cui parliamo e alle testimonianze degli altri membri anche nei giorni successivi; per esempio Ignazio ci ha raccontato di essere andato in vacanza da solo e di essersela cavata bene, gli ho fatto i complimenti perché secondo me è stato molto bravo, non è da tutti affrontare una vacanza da soli. A me non è mai capitato, ma mi piacerebbe molto per riposarmi anche solo un giorno e fermarmi a riflettere sulla mia vita, che è una corsa continua, sinceramente l’ho invidiato un po’.
Livia, come ha reagito il gruppo quando è stato il momento di affrontare direttamente il discorso?
Il gruppo ha reagito bene! Stavano proprio aspettando l’occasione per parlare in modo così diretto della propria diagnosi e dei cambiamenti che questa comporta nella propria vita. Forse i più nervosi all’inizio eravamo noi facilitatori…
Quali sono stati gli incontri o gli argomenti che Vi hanno colpito di più?
Simona: Mi è piaciuto molto l’incontro in cui la dottoressa Cupidi ha risposto in diretta alle nostre domande. È molto brava e spiega con parole semplici i problemi neurologici. In questa occasione ci ha dato consigli su tutto: problemi alla guida, alimentazione, movimento, il punto sulla ricerca… Non capita alle visite neurologiche di avere una conversazione così aperta.
Livia: Tutti gli argomenti che abbiamo affrontato sono stati molto interessanti. Abbiamo parlato per esempio dei cambiamenti cognitivi e motori, delle cose che fanno soffrire e delle cose che invece aiutano a vivere bene, delle relazioni con la famiglia, con gli amici e con la comunità. Ma anche di sport, di cibo, di cultura e del nostro bel Paese. È stato bello vedere che unendo diversi punti di vista ed esperienze riuscivamo a dipingere un quadro complesso, approfondito e mai banale, di ogni argomento. Questo è quello che mi ha colpito di più: la ricchezza del gruppo.
So che avete parlato anche delle difficoltà di guida e delle implicazioni associate allo smettere di guidare. È un argomento direttamente collegato alla propria autonomia e, per alcune persone, anche alla propria identità. Come avete vissuto le discussioni su questo argomento?
Simona: È stato uno degli argomenti che abbiamo discusso di più. Anch’io devo rinnovare la patente a breve e ho ascoltato molto volentieri le esperienze degli altri membri del gruppo. Ciascuno ha parlato della propria esperienza con la guida: c’è chi guida ancora anche sui percorsi lunghi e chi invece ha accettato di farsi accompagnare dai figli o dalla moglie.
Poter guidare significa avere autonomia personale ed io infatti guido spesso per lavoro, accompagno bambini all’asilo ed anziani alle visite mediche. Adesso guido per tratti brevi, di massimo un’ora, ma non guido più in autostrada. Ascoltando le esperienze degli altri ho deciso che chiederò alla neurologa se mi può fare un documento da mostrare alla visita di controllo per il rinnovo; lei stessa mi ha consigliato di continuare a guidare perché aiuta a mantenere la mente attiva. L’unico problema alla guida l’ho avuto due anni fa in autostrada perché ho guidato due ore con molto traffico, mi sono stancata tantissimo e mi è venuta la nausea. È stato il campanello di allarme che mi ha spinto ad indagare meglio e fare la visita di controllo a Modena in neurologia, dove hanno riscontrato un iniziale declino cognitivo lieve.
Livia: Hai detto bene, la guida è spesso intimamente legata all’identità. Cominciare a guidare rappresenta un passaggio fondamentale nella nostra società. Insieme al diritto di voto segna l’inizio dell’età adulta e sancisce che la persona ha una serie di abilità e responsabilità. Riconoscere che le difficoltà cognitive impediscono la guida sicura, e di conseguenza decidere di rinunciare a questa attività, può essere fonte di una grande sofferenza. Però vorrei sottolineare che anche in questo caso i membri del gruppo hanno dimostrato di avere una profonda consapevolezza dell’argomento. Parlarne insieme ha permesso a tutti di riflettere ulteriormente sulla propria esperienza e in alcuni casi ha attutito la sofferenza e l’angoscia generate da questa perdita e ne ha favorito l’accettazione.
Quali sono stati i temi più delicati da esplorare?
Simona: Il tema più difficile per me è stato parlare della mia “rabbia” nei confronti di mio marito. È stato un tema che ho suggerito io perché sto vivendo una situazione molto pesante e parlandone ho ricevuto tanti consigli molto validi da tutto il gruppo. Grazie di cuore!
Livia: I temi per me più delicati sono proprio quelli legati alla perdita o “lutti in corso” come vengono chiamati da Kate Swaffer (persona con demenza, Presidente di Dementia Alliance International). Smettere di guidare ne è un esempio, perché come abbiamo detto prima è associato ad una perdita di autonomia e di un ruolo sociale. La progressione dei sintomi e la progettazione del futuro sono altri temi “tosti”. È difficile parlare di questi temi, ma credo che per molte persone non parlarne sia ancora più difficile, perché amplifica la solitudine.
A volte anche noi operatori dobbiamo superare delle resistenze perché, appunto, parlarne è emotivamente faticoso. Credo che un altro aspetto rilevante a proposito sia che non siamo abituati a parlarne, forse perché siamo esposti allo stereotipo molto diffuso che le persone con una diagnosi di questo tipo non siano in grado di esplorare certi temi.
Che impatto ha avuto questo corso su di voi? avete notato dei cambiamenti, ad esempio nel vostro modo di vivere o considerare la malattia? Oppure avete notato un cambiamento nel modo in cui vi relazionate con gli altri?
Simona: Gli incontri mi sono serviti a cercare degli spazi di benessere per “sopravvivere” alla mia situazione molto caotica, nella mia vita cerco di aiutare un po’ tutti: lavoro come babysitter e colf per una famiglia, ma aiuto nelle pulizie anche una coppia di anziani ultraottantenni e aiuto anche un’altra signora ipovedente, oltre ad essere caregiver dei miei genitori.
Sicuramente tutti gli argomenti che abbiamo trattato mi hanno aiutato a riflettere sulla mia situazione e, grazie al confronto con altri membri del gruppo, c’è stata una ricca condivisione di consigli e spunti di riflessione. C’è stata anche tanta solidarietà nel gruppo. Lo scambio di opinioni aiuta molto: ho ricevuto consigli e ne ho dato qualcuno, spero di essere stata utile, anche se faccio sempre riferimento al mio vissuto degli ultimi anni come caregiver dei miei genitori e come assistente di una signora bipolare che ho aiutato.
La malattia mi fa vivere alla giornata, cosa abbastanza complicata: in passato avevo una vita molto più organizzata ed economicamente non avevamo problemi, ma soffrivo molto perché non riuscivo a seguire i miei figli come volevo. Adesso che sono malata riesco a lavorare part time – che per me è importante – e riesco a seguire meglio i figli. Tuttavia, secondo mio marito, non faccio abbastanza…
Gli incontri mi hanno anche insegnato a reagire e ad aprire gli occhi sulla mia situazione: sento che la forza per andare avanti adesso la devo trovare dentro di me, perché mio marito ha ancora difficoltà a comprendere la situazione e succede che a volte sono io che lo devo sostenere…
I miei figli, con la loro vitalità, sono la mia ancora di salvezza. A Dio piacendo, spero di godermeli ancora un po’!
Livia: È stata un’esperienza estremamente positiva per me. Tutto il nostro gruppo di lavoro ha cercato di mettere in pratica il principio fondante di Novilunio: chi riceve una diagnosi di demenza ha il diritto di essere informato sulla malattia. Se questa informazione arriva in un luogo sicuro, accogliente, in compagnia di altre persone che stanno vivendo esperienze simili, allora diminuiscono la solitudine, la rabbia, il senso di smarrimento e di paura… e si riempie il cassetto degli attrezzi che serve a far fronte ai cambiamenti e adattarsi meglio alla nuova realtà. In cambio, sento di aver imparato molto dalle persone con le quali ho condiviso questo percorso.
È stata una grande lezione di umiltà, di resilienza, di saggezza e di amore per sé, per gli altri e per la vita. E poi la conferma che la demenza non definisce le persone: al di là della nostra diagnosi, o qualsiasi altra condizione medica, siamo innanzitutto persone.
E quindi, dopo 10 incontri di gruppo, cosa significa per voi vivere bene quando si affronta questa diagnosi?
Simona: Il percorso di gruppo aiuta a non sentirsi soli con i propri problemi di salute. Purtroppo la mia è una malattia neurodegenerativa che causa grande stanchezza mentale e fisica. Ho mal di testa e dolori articolari quasi tutti i giorni e recentemente ho notato che il mio senso dell’equilibrio sta peggiorando. A volte devo stare attenta ai miei movimenti mentre lavoro, altre volte urto senza volere gli spigoli e sono scoordinata rispetto a prima.
A volte vivere bene è anche trovare un hobby che ti fa distrarre un po’ dal dolore, come il giardinaggio, ne abbiamo parlato negli incontri e ho iniziato a praticarlo insieme a mio figlio Riccardo che studia agraria. Sono soddisfatta di questa passione che abbiamo in comune: ultimamente sono fiorite anche delle piccole piante di cactus, è stato uno spettacolo della natura che ci ha dato molta soddisfazione!
In un prossimo incontro si parlerà di meditazione e non vedo l’ora, sono molto curiosa!
Livia: Durante il primo incontro ci siamo chiesti cosa significa per noi “vivere bene” in generale. Le risposte a quella domanda, che tra l’altro erano molto varie, sono state il nostro faro per il resto degli incontri. Perché quello che ci aiuta a vivere bene in generale ci aiuta anche ad affrontare una diagnosi difficile…
Per esempio, un atteggiamento compassionevole, gentile e accogliente nei confronti delle nostre e altrui mancanze, o nei confronti della grande tristezza o rabbia o altre forti emozioni che possiamo provare, aiuta ad affrontare le prove che la vita ci mette davanti. Con un atteggiamento di questo tipo possiamo addirittura trasformarle in opportunità di crescita e di cambiamento! Come accennavo ci sono poi degli “ingredienti” del vivere bene più individuali. Ognuno di noi ha le proprie preferenze in base alle esperienze di vita, al carattere, ai propri interessi, credenze e valori.
Se io dovessi ricevere una diagnosi di demenza, immagino che sarebbe molto importante per me rivestire un ruolo attivo nella mia vita. Per esempio, vorrei che la mia diagnosi mi venisse spiegata e vorrei avere la possibilità di scegliere in modo informato tra gli interventi che mi vengono proposti e progettare il mio futuro. Ma questo è un diritto che vorrei che fosse rispettato per qualsiasi diagnosi che dovessi ricevere e la demenza non è un’eccezione.
Un altro aspetto che per me è molto importante è sentire di far parte di una comunità. Le relazioni ci arricchiscono e condividere con altri il nostro cammino, per usare di nuovo un’espressione cara a Cristian (Presidente di Novilunio e co-facilitatore), rende la vita più bella. Nella mia vita bella, poi, non potrebbero mancare le passeggiate in montagna, il suono dolce di un fiume che scorre e un buon pasto in compagnia.
C’è qualcosa che non ti ho chiesto e di cui vorresti parlare?
Simona: Adesso il gruppo continua come gruppo di auto mutuo aiuto, ogni due settimane: meno male, mi sarei sentita persa senza gli incontri che mi danno tante emozioni positive! Ho ricevuto tantissimi consigli per stare meglio.
Siamo un bel gruppo di persone molto diverse tra di loro ed è stato molto interessante scambiare le nostre sensazioni ed emozioni, è stato un percorso che mi ha arricchito tanto a livello emotivo. Ci sono stati anche momenti tristi e pesanti, ma del resto fanno parte della nostra quotidianità ed aiutano a reagire e cercare l’aiuto reciproco.
Nell’ultimo incontro del corso, Cristian e Livia ci hanno ringraziato uno alla volta elencando una nostra caratteristica. È stato un momento commovente, grazie di cuore a tutti tutti, mi senti privilegiata ad appartenere a questo gruppo, è un aiuto enorme per “tenere botta”, come si dice dalle nostre parti!
Grazie di cuore a tutta Novilunio per la vostra disponibilità, mi state aiutando tantissimo, siete meravigliosi!
Livia: Credo che ci siamo dette le cose più importanti, grazie Eloisa. Adesso aspettiamo solo di poterci incontrare tutti di persona per brindare al gruppo (e alla vita)!