Un appello alle istituzioni per salvare il Centro Regionale di Neurogenetica

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Dedichiamo il post di oggi all’appello che sta circolando in questi giorni sui media nazionali che denuncia il rischio di chiusura del Centro Regionale di Neurogenetica (CRN) di Lamezia Terme, uno dei centri di eccellenza più importanti che abbiamo in Italia e che dal 1992 si occupa di ricerca, diagnosi e supporto alle famiglie che affrontano le difficoltà dovute alla malattia di Alzheimer e altre forme di demenza.

Per esprimere la nostra piena solidarietà alla Dott.ssa Amalia Cecilia Bruni, fondatrice e direttrice del CRN, e alla sua equipe multidisciplinare, pubblichiamo qui di seguito la lettera che lo stesso CRN ha inviato lo scorso 27 dicembre al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al Ministro della Salute, Roberto Speranza.

Crediamo infatti che, data la portata del rischio che stiamo correndo, sia opportuno spiegare più in dettaglio cosa ha fatto, cosa fa e cosa rappresenta per tutti il CRN e l’Associazione per la Ricerca Neurogenetica Onlus che ne ha permesso il funzionamento in tutti questi anni.

E’ una causa particolarmente importante per noi e per cui ci appelliamo a nostra volta rivolgendoci a tutte le istituzioni nazionali e regionali affinché si mobilitino per impedire che il rischio si trasformi in realtà. E’ importante perché conosciamo personalmente il valore del lavoro della Dott.ssa Bruni (diverse persone che fanno parte dei nostri gruppi sono familiari di pazienti del CRN) e sappiamo che la posta in gioco è troppo alta per essere ignorata. Quello che sta succedendo a Lamezia Terme riguarda ognuno di noi.

Ecco dunque la lettera della Dott.ssa Bruni – mentre qui trovate anche la sintesi delle attività del CRN dal 1996 al 2018 e qui la presentazione dell’Associazione per la Ricerca Neurogenetica.
Mi raccomando, se potete passateparola.

Attenzione! Aggiornamento del 15 febbraio 2020: “Il Centro Regionale di Neurogenetica di Lamezia Terme continuerà il suo importante lavoro”. Il Ministro della Salute, Roberto Speranza, ha definito un percorso che consentirà al Centro di proseguire e consolidare le attività di ricerca nel delicato settore della neurogenetica. Il Centro, infatti, sarà immediatamente collegato alla Azienda Ospedaliera-Universitaria Mater Domini di Catanzaro, che ne assumerà temporaneamente e funzionalmente la gestione, nelle more del perfezionamento dell’accordo, al quale da settimane si sta lavorando, con l’ INRCA-IRCCS di Ancona/Cosenza. L’INRCA è una azienda sanitaria pubblica con sede anche a Cosenza che opera nell’ambito geriatrico. Clicca qui per leggere tutto il comunicato ministeriale.

Amalia Bruni, la ricercatrice che scoprì il gene dell'Alzheimer: «Per me a Lamezia niente fondi»
Nella foto, la Dott.ssa Amalia Cecilia Bruni e la sua equipe del CRN

Al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Al Ministro della Salute Roberto Speranza
Onorevole Presidente,
Onorevole Ministro,

Ho l’onore e l’onere di dirigere il Centro Regionale di Neurogenetica in Calabria da oltre venti anni.
Da quando, cioè, la Regione decise di istituire con una legge apposita questa struttura per permettere alla sottoscritta e al suo piccolo gruppo di ricerca la prosecuzione del lavoro sulla malattia di Alzheimer ereditaria che, nel 1995, aveva dato uno dei risultati più importanti della storia della neurologia ovvero l’isolamento della causa genetica più frequente. È da quel risultato che forse in un futuro molto immediato potrebbero arrivare farmaci importanti per sconfiggere questo mostro. Ma ora il nostro Centro di Neurogenetica rischia di giorno in giorno la chiusura.
Qui ne riassumo la storia e le cause che stanno portando al suo smantellamento.

La nascita del centro di Neurogenetica (e della sua Onlus)
Vent’anni fa, l’allora Presidente della Regione prof Nisticò e la prof.ssa Rita Levi Montalcini, che ha sempre seguito con grande interesse il mio lavoro, pensarono che l’istituzione di un centro che contemporaneamente facesse assistenza e ricerca avrebbe potuto sviluppare e diffondere un know how importante per il contesto e, soprattutto, trasferire alla collettività e alle famiglie interessate (nel mondo, non solo in Calabria) i risultati degli studi.
Così è stato per questi lunghi venti e oltre anni e tutto il lavoro è stato possibile grazie all’Associazione per la Ricerca Neurogenetica ONLUS (fondata dalla sottoscritta nel 1992) che ha integrato, sostenuto, sponsorizzato e sempre fortemente aiutato non solo la ricerca ma anche l’assistenza in nome e per conto delle famiglie degli ammalati. La nascita dell’Associazione non è stata casuale. Tra i tanti intoppi ebbi persino il divieto di fare ricerca all’interno dell’orario di servizio, quasi fosse disdicevole. Quasi fosse una cosa di cui vergognarsi.

Un nuovo modo di fare Sanità
Fu allora che realizzai che quello che stavamo facendo non era solo studio e ricerca ma un cammino culturale, era un qualcosa di speciale che andava protetto, condiviso. La ricerca rappresentava un nuovo modo di fare sanità tutti insieme, medici, pazienti, famiglie e collettività che si davano un obiettivo comune. Una scommessa entusiasmante per l’epoca e per il luogo.
I risultati sono stati riconosciuti e apprezzati dalla comunità scientifica nazionale e internazionale e ne sono testimonianza le pubblicazioni, le collaborazioni nazionali e internazionali, i moltissimi e qualificati riconoscimenti. Sono membro del CS dell’Istituto Superiore di Sanità, Presidente eletto della Sindem (Società Italiana di Neurologia per le Demenze), rappresento la mia regione al Tavolo Nazionale per le Demenze.

I risultati della ricerca e l’interesse della comunità scientifica mondiale
Negli anni sono stati tanti i lavori importanti. Ci siamo occupati e ci occupiamo delle malattie delle nostra collettività, in particolare quelle ereditarie (da noi frequentissime) perché possono essere un modello di studio per comprendere meglio “le altre malattie”, quelle sporadiche, cioè quelle che vengono, e non si sa perché!
Oggi dopo tanto lavoro conosciamo l’epidemiologia e “la geografia” delle malattie nella nostra terra: la malattia di Alzheimer genetica il cui studio ha consentito l’isolamento della presenilina 1, il gene maggiore di queste forme rare da tante parti ma non certo in Calabria, collocate nell’area di Lamezia ma da qui diffuse in tutto il mondo; le famiglie Alzheimer con mutazione dell’APP la cui distribuzione segue l’Appennino; l’atassia spino cerebellare tipo 1 (SCA1) che devasta la provincia di Vibo Valentia e i paesi del Monte Poro, la sindrome della fatica cronica della area di Nardodipace, la CJD dei paesi dell’Aspromonte grecanico, le malattie Prioniche ereditarie della piana di Gioia Tauro giunte nei secoli dalla Sicilia, la Demenza Frontotemporale dell’area del medio ionio (Bivongi in primis), l’Atassia Spinocerebellare 17 dell’area lametina, la Corea di Huntington, le rare forme di Niemann Pick C dell’adulto anziano senza contare gli oltre 30.000 pazienti con demenza globalmente diffusi sul nostro territorio. Nomi difficili ma tristemente noti alle famiglie spesso abbandonate da sistemi socio-sanitari inesistenti nella mia regione. Abbiamo lavorato moltissimo sulla progettazione della Rete Regionale per le Demenze sperimentando nuovi modelli assistenziali, costruendo comunità di conoscenze con i professionisti nelle varie aree della Calabria e programmando per conto della Regione Calabria. Peccato che tutto sia rimasto carta per foderare i cassetti delle scrivanie!

L’Alzheimer prima di Alzheimer
I risultati scientifici non hanno avuto eco solamente negli ambienti di scienza. Per la nuova proteina identificata come centrale nello sviluppo della malattia e chiamata Nicastrina (Nicastro è il nome di uno dei tre comuni che compongono Lamezia Terme), Piero Angela ha realizzato un Superquark. E questa proteina è presente nei cervelli di tutti, non solo degli ammalati, non solo dei calabresi ma anche dei giapponesi, americani, africani. Come a dire, abbiamo “calabresizzato” tutto il mondo. O ancora l’identificazione della paziente zero, identificata nel 1904, tre anni prima che il neuropatologo Alzheimer descrivesse la malattia: Angela R deceduta a 38 anni, assurta persino agli onori dei rotocalchi.
Tuttavia, a fronte di questi risultati importanti, e “ancora più importanti perché raggiunti in un angolo di mondo lontano dai grandi centri del sapere” ( per dirla con le parole di Rita Levi Montalcini, nel 2007) la situazione che questo centro vive è semplicemente allucinante e paradossale ma tristemente in linea con i comportamenti di disattenzione e indifferenza molto frequenti nella nostra terra.

Le prime difficoltà operative
La Regione Calabria promulga dunque una legge istitutiva del centro nel 1996 (LR37/96) praticamente senza copertura di bilancio continuativa. La difficoltà operativa si prospetta si dall’inizio ma nella legge è richiamato il ruolo dell’Associazione per la Ricerca Neurogenetica (fondata dalla sottoscritta nel 1992) che inizia a sostenere, a spianare la strada e a finanziare le attività del centro.
Il suo operato viene riconosciuto sin da subito con convenzioni successive. L’ARN onlus fa i contratti per il personale (che l’azienda non ci ha mai dato non avendo mai bandito concorsi), genetisti e biologi per laboratorio di genetica molecolare, statistici, genealogisti, persino front office, ma anche clinici e neuropatologi poiché le richieste di valutazioni e visite negli anni crescono a dismisura e sono migliaia i pazienti che si rivolgono alla struttura e tante le famiglie che “vogliono capire, vogliono sapere”.
L’Azienda non rinnova le manutenzioni degli apparecchi, le gare per l’acquisto di reagenti incontrano tempi biblici (eppure gli introiti della genetica molecolare vanno nelle casse dell’ASP).
Per gestire la nostra preziosissima banca dati (oltre 160.000 dati dalla fine del 1500) sarebbe necessario utilizzare reti web potenti e stabili che non sono quelle aziendali. Tutte le grandi e le piccole difficoltà vengono affrontate dall’ARN onlus.
Nel 2007, l’Assessore Regionale alla Salute decide che “la ricerca la fa l’Università” e il centro non ha motivo di esistere. Solo con un moto della collettività (famiglie, pazienti, scienziati di tutto il mondo capeggiati da Rita Levi Montalcini, nostra paladina e madrina del centro) riusciamo a vincere la battaglia, anzi quella che ho definito la terza guerra mondiale. Un’altra Legge Regionale viene promulgata e definisce un fondo stabile di 500.000 euro annui.

Una legge regionale da 500mila euro l’anno, poi il commissariamento
Ci sembra di toccare il cielo con un dito poiché questo significa stabilità di pensiero e azione e, dunque, possibilità di dedicarsi al lavoro con maggiore serenità. Pazienza se l’azienda non fa i concorsi, almeno gli stipendi possono essere stabili: le mamme biologhe genetiste, le psicologhe, coloro che svolgono il preziosissimo supporto alla ricerca informatizzando i dati, ai figli non possono dare certo pane e provette o biberon ripieni di test cognitivi o dati demografici!
Ma la tranquillità dura solo qualche anno. Da quando la sanità calabrese viene commissariata, il finanziamento dei 500.000 euro è interrotto e il ciclo nefasto ricomincia con un’iperbole di progressione negativa.
Si ripresentano i problemi, le incertezze, la difficoltà di non riuscire a trovare i fondi per portare
avanti studi e ricerche ma anche l’amarezza profonda di non poter continuare ad offrire ai nostri pazienti e alle loro famiglie quel lavoro di studio di cui hanno bisogno e su cui contano per avere una speranza di futuro.

Gli effetti del dissesto della Asp di Catanzaro
La Giunta Regionale ci viene in soccorso con un piccolo fondo stanziato per un triennio (2019-
2021) ma i fondi erogati quest’anno finiscono ad agosto. Ma con il recente commissariamento e la
dichiarazione di dissesto dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro i finanziamenti si sono
interrotti.
Il personale a contratto è andato in altre aziende nel tentativo di stabilizzarsi. Il risultato immediato
è stata la chiusura del laboratorio di biologia molecolare e la sospensione degli studi di neuropatologia. Una ricchezza di conoscenze straordinarie vanificate in un batter di ciglia! E pensare che siamo un punto di riferimento per la genetica molecolare di tutto il centro-sud, tanto da aver invertito il flusso della emigrazione sanitaria, ricostruendo il rapporto di fiducia tra una collettività spaventata e allo sbando e l’istituzione.
Così abbiamo inaugurato una Casa diurna per accogliere le persone con demenza (premiata in Europa nel 2015) e sosteniamo la rete dei Caffè Alzheimer creati per sostenere pazienti e famiglie: progetti low cost ma con impatti assistenziali e sociali altissimi.

Il mio appello come un razzo prima di affondare
L’ARN Onlus però non ha più fondi da anticipare: vive di quelli raccolti dal 5 per mille, di piccole donazioni. Raccogliere fondi nella nostra terra è difficile!
La fine è imminente. Se le istituzioni non correranno ai ripari in maniera definitiva e stabile negheremo a nostri pazienti (e non solo a quelli calabresi) la ricerca e la speranza.
È dunque in nome e per conto dei nostri pazienti “smemorati” (giovani e anziani), delle famiglie in cui la malattia è genetica e di quelle in cui alcune patologie non hanno ancora un nome e tanto meno una causa identificata, di tutte quelle persone fragili e sole che non possono cercare assistenze in altre parti d’Italia, dei medici e di tutto il personale sanitario che si occupa con competenza e dedizione dei pazienti, dei ricercatori che sono andati via (affinché possano ritornare), di tutta una collettività, quella calabrese, che non ce la fa più ad essere considerata cittadina di serie B, chiedo fortemente e a gran voce di intervenire.
Questa mia richiesta di aiuto estremo è come il razzo di SOS che lanciano le imbarcazioni che si stanno inabissando, loro malgrado. Le soluzioni esistono, sempre che ci sia la volontà di identificarle e perseguirle.

Prof.ssa Dott.ssa Amalia C. Bruni
Direttore Centro Regionale di Neurogenetica ASP CZ
Lamezia Terme 27 dicembre 2019