Oggi abbiamo il piacere di pubblicare il reportage della nostra inviata speciale Simona che lo scorso 8 aprile è andata alla conferenza “La riabilitazione delle demenze: dalla ricerca al mondo reale”, organizzata dal Centro disturbi cognitivi e demenze della AUSL di Modena.
Gran parte della conferenza è stata dedicata agli interventi offerti dal servizio di terapia occupazionale avviato dall’AUSL di Modena dal marzo 2021 grazie all’impegno della direzione assistenziale della AUSL che ha deciso di investire sulla figura del terapista occupazionale (oltre agli infermieri oss medici e psicologi ma contiamo di coinvolgere anche altre figure professionali ) per gestire una complessa malattia come la demenza.
In veste di ospite d’onore dell’evento, la Dottoressa Laura Gitlin, preside del College of Nursing and Health Professions della Drexel University (Philadelphia, Pennsylvania, USA) e direttore esecutivo fondatore del Collaboratory AgeWell, ha presentato diversi approcci e modelli di intervento (alcuni dei quali adottati dalla stessa equipe modenese) per prevenire e contrastare i cambiamenti di comportamento nelle persone con demenza. Nel reportage di Simona che potete leggere qui sotto, sono descritti alcuni di questi, ma se desiderate saperne di più potete consultare la bibliografia in fondo all’articolo.
Per Simona, partecipare a questo evento è stata un’occasione per conoscere meglio i servizi disponibili sul suo territorio (Simona vive a Castelfranco Emilia) dedicati alle persone che hanno la sua diagnosi, soprattutto in termini riabilitativi. Per noi è stata una preziosa opportunità per constatare che quando le istituzioni investono sulla qualità della vita e il diritto alla riabilitazione delle persone che convivono con queste patologie, i risultati positivi non mancano – per tutti i diretti interessati: le famiglie sono più sostenute e si sentono più al sicuro, le ASL riescono a ridurre un bel po’ di costi operativi associati a ricoveri impropri e istituzionalizzazioni.
l punti di forza della AUSL modenese sono da un lato una solida sinergia tra ospedale e territorio e dall’altro una fitta rete di servizi e risorse in cui ogni nodo è stato valorizzato da investimenti ben mirati: dalla formazione dei medici di base ai servizi domiciliari riabilitativi e di assistenza, dalle case della salute ai servizi specialistici per prevenire e gestire le fragilità che maggiormente mettono in crisi le famiglie. Il risultato è una ricca varietà di risorse accessibili a tutti i cittadini, a prescindere dal distretto in cui vivono.
Sono davvero un’isola felice – e lungimirante! – in cui tutti vorremmo vivere. Per conoscerli meglio, vi segnalo questo articolo in cui trovate una presentazione generale dell’infrastruttura modenese scritta dal Dott. Andrea Fabbo, Direttore UOC di Geriatria – Disturbi Cognitivi e Demenze Azienda USL di Modena e dalla Dott.ssa Annalisa Baglieri, psicologa- psicoterapeuta, UOC Disturbi Cognitivi e Demenze della AUSL Modena. Qui invece trovate una recente intervista allo stesso Dott. Fabbo apparsa sul Resto del Carlino.
Vi lascio ora al reportage di Simona, su quello che l’ha colpita di più di quanto è stato presentato e come ha vissuto questa esperienza. Vorrei sottolineare che tutto quello che leggerete è farina del sacco di Simona, io ho solo fatto il mio lavoro di editor, aggiungendo qualche virgola o frase per spiegare i concetti più tecnici.
Buona lettura!
Eloisa
A Modena si parla di terapia occupazionale e rete di servizi
Lo scorso venerdì 8 aprile ho avuto l’onore di seguire dal vivo il convegno “La riabilitazione delle demenze” che si è svolto a Modena. Ho partecipato per la prima volta in veste di inviata speciale di Novilunio. Ne approfitto subito per ringraziare gli organizzatori, il Dottor Andrea Fabbo e il suo staff, la Dottoressa Valentina Reda e il Dottor Alessandro Lanzoni, che mi hanno accolto con molta gentilezza.
La Dottoressa Reda mi ha fatto sedere vicino a lei così ho avuto la possibilità di parlarle un po’ riguardo all’esperienza che sto vivendo soprattutto con i miei genitori: ho un papà di 84 anni con una diagnosi di demenza frontotemporale e una mamma di 80 anni che va tenuta sotto controllo perché, nonostante sia ancora autonoma, inizia a perdersi un po’ su tutti i fronti. L’anno scorso mio papà è stato seguito da un terapista occupazionale della Ausl di Modena che lo ha coinvolto in diverse attività. È stato veramente un momento di sollievo, un raggio di sole nella nostra vita familiare.
Il mio punto di vista è un po’ “privilegiato” essendo io sia una caregiver dei miei genitori, insieme a mio fratello, e sia una persona che convive con una diagnosi di demenza frontotemporale a esordio precoce. In veste di caregiver, faccio spesso da interprete dei bisogni di mio padre con tutta la famiglia e conoscenti vari.
Quello che segue è un riassunto di quello che mi ha colpito di più del convegno: il fatto di aver potuto partecipare in presenza mi ha permesso di stare più attenta e concentrata. Se avessi seguito via streaming avrei sicuramente perso la concentrazione a causa delle mie difficoltà percettive che mi affaticano molto la vista.
I servizi della AUSL di Modena
Il convegno è iniziato con la presentazione del Dottor Spanò, un geriatra che lavora da molti anni a Modena, seguito dai saluti del Sindaco di Modena, Gian Carlo Muzzarelli, il quale ha spiegato che la provincia di Modena è un’“isola felice” per la cura delle demenze. Di fronte al numero crescente di persone con Alzheimer ed altre demenze fin dal 2006, l’azienda sanitaria locale ha investito per fare una sperimentazione e venire incontro alle esigenze delle famiglie. Adesso le persone con una diagnosi di demenza hanno accesso agli stessi servizi in tutto il territorio provinciale, in qualsiasi paese abitino – dall’Appennino alla bassa modenese. Questo è un aspetto importante che è stato ribadito più volte da diversi relatori nel corso del convegno.
L’AUSL di Modena ha pianificato la creazione di una rete socio-sanitaria territoriale che coinvolge i due centri neurologici dell’Ospedale di Baggiovara e Carpi, l’Università di Modena che si occupa di ricerche neurologiche e neuroscienze, gli ambulatori CDCD all’interno delle case della salute del territorio in modo che tutti i pazienti possano essere seguiti con la stessa attenzione. In particolare, i CDCD a loro volta stanno collaborando con enti di volontariato, parrocchie e centri ricreativi dove sono stati creati dei centri di incontro (COGS), centri diurni e Caffè Alzheimer per venire incontro alle esigenze delle persone con demenza e delle loro famiglie, ed evitare in questo modo la solitudine tipica di queste patologie.
La persona che ha ricevuto una diagnosi viene coinvolta in diverse attività che la aiutano a stare meglio. Questo è stato definito il “Modello Modena” portato come esempio anche a livello nazionale. Sul territorio modenese, ci sono inoltre due paesi dementia-friendly (città amiche della demenza) che sono San Prospero e Formigine che hanno seguito l’esempio di altre località europee, oltre a due esperimenti di co-housing in cui circa cinque persone con Alzheimer vivono insieme nella stessa struttura supportate da personale volontario e istituzionale.
Dall’anno scorso molti infermieri sono stati formati dalla ASL per fare riabilitazione geriatrica globale all’interno delle case della salute, delle Rsa ma anche a domicilio presso le famiglie. È anche stata attivata un’equipe di 15 terapisti occupazionali specializzati nella riattivazione delle capacità residue delle persone con demenza seguendo i modelli COTiD (Community Occupational Therapy in Dementia) e TAP (Tailored Activity Program).
Il modello TAP
Quest’ultimo modello è stato ideato dalla Dottoressa Laura Gitlin, ospite d’onore del convegno. In pratica si tratta di un programma che supporta la famiglia della persona con demenza nella gestione dei disturbi del comportamento. Nella sua presentazione, la dottoressa Gitlin ha presentato il modello TAP come un programma di intervento riabilitativo personalizzabile, fatto su misura della persona con demenza.
Obiettivo principale del programma è coinvolgere la persona con demenza in attività che la gratifichino e rispondano ai suoi bisogni in modo da ridurre l’insorgenza di stati d’animo (ansia, agitazione, apatia) e comportamenti che contribuiscono ad accelerare il declino delle sue capacità e riducono il suo benessere e quello dei suoi familiari e caregiver.
Funziona in questo modo: innanzitutto il terapista occupazionale intervista la persona con demenza per cercare di capire chi era prima dell’insorgere della malattia – che lavoro svolgeva, i suoi hobby, interessi ecc.) – poi parla con il caregiver per coinvolgerlo nell’attività riabilitativa. In secondo luogo, il terapista occupazionale fa un’analisi dell’ambiente di vita, per verificare se è adeguato. Nella fase successiva si passa alla pianificazione delle attività (che riflettono i suoi interessi e bisogni) e al coinvolgimento della persona con demenza e del suo caregiver. Infine si passa al monitoraggio dell’attività che devono essere costanti durante la settimana (per esempio un’ora al giorno tutti i giorni).
In questo modo la persona con demenza svolge attività che la fanno sentire meglio, soddisfatta e più tranquilla. Anche il caregiver può trovare giovamento per la sua salute (magari avrà più tempo libero da dedicarsi). Inoltre, secondo gli studi della Dottoressa Gitlin, grazie a questo programma cala l’assunzione di farmaci e si riduce anche il rischio di ricoveri non necessari che vanno a gravare sul sistema sanitario. In altre parole, migliora la qualità della vita sia della persona con demenza che del suo caregiver. Mi viene da dire: la persona che viene coinvolta è più felice di vivere e sentirsi ancora utile!
L’importanza della prevenzione
La dottoressa Gitlin ha anche spiegato i fattori di prevenzione dell’Alzheimer e delle altre demenze. Diverse ricerche hanno dimostrato che queste malattie possono essere prevenute fin dall’infanzia con una buona educazione scolastica, seguendo regole di una sana alimentazione e di un sano stile di vita. A quanto pare leggere molto fin da piccoli è importante! Nell’età adulta il rischio di ammalarsi può essere limitato prevenendo i traumi cranici, curando l’ipertensione e riducendo il rischio di obesità e diabete. Nella terza età, prevenzione significa limitare o eliminare il consumo di alcolici, di fumo, di zuccheri, mantenendosi in forma con lo sport e cercando di evitare l’isolamento sociale… bisogna stare in compagnia il più possibile!
L’approccio DICE
La dottoressa Gitlin ha presentato anche l’approccio DICE (Describe, Investigate, Create, Evaluate) che può essere utilizzato dagli operatori che lavorano a domicilio per prevenire e gestire i cambiamenti comportamentali in 4 passaggi:
DESCRIBE – Descrivi: valutazione di un comportamento sfidante che sottintende un bisogno non soddisfatto. (es. se si muove di continuo, è ansioso oppure apatico) e si identificano nel dettaglio le caratteristiche (quando si manifesta, come, dove, ecc.).
INVESTIGATE – Indaga: viene considerata la persona con demenza a livello complessivo (ad es. interessi e ambiente in cui vive, qualità del sonno, livello di attività quotidiana, profilo medico, ecc.); viene inoltre definito un profilo dei caregiver (competenze di comunicazione, livello di stress ecc.) e dell’ambiente di vita (poco o troppo stimolante, caotico, ecc.) per identificare eventuali fattori che innescano o contribuiscono al comportamento da modificare.
CREATE – Crea: viene stilata una vera e propria “ricetta” di strategie da adottare, in collaborazione con l’equipe, la persona e il suo caregiver per prevenire e gestire i comportamenti da modificare. Ad esempio, semplificando l’ambiente per renderlo adeguato alle difficoltà della persona (mettere ordine ed eliminare i rischi), oppure coinvolgendo la persona con l’aiuto del suo caregiver in attività piacevoli e gratificanti.
EVALUATE – Valuta: viene effettuata una valutazione degli interventi che sono stati adottati per verificare cosa ha funzionato oppure no, in modo poi da modificare il procedimento per ottenere un riscontro migliore.
Per spiegare come funzionano questi modelli di intervento, la dottoressa Gitlin ha fatto diversi esempi di persone che vivevano varie difficoltà. L’esempio che mi ha colpito di più è stato quello di un ex architetto che era stato ricoverato perché teneva costantemente sotto controllo la moglie. Anche all’interno della struttura tendeva a controllare il personale sanitario. In questo caso la terapista ha pensato di fargli disegnare alcuni elementi dell’arredamento che si trovavano nelle varie stanze della struttura: in questo modo l’ex architetto era coinvolto ed impegnato per circa un’ora, lasciando tranquille le persone che lo circondavano (un po’ come la stanza relax che viene utilizzata per i bambini iperattivi nella scuola primaria).
Ha anche fatto l’esempio di una signora che voleva continuare a vestirsi da sola ma aveva difficoltà a trovare i vestiti nel suo armadio. Gli operatori l’hanno aiutata a riorganizzare l’armadio eliminando i vestiti in eccesso (ad es. quelli fuori stagione). Hanno poi suggerito al suo caregiver di aiutarla a preparare i vestiti che voleva mettere giorno dopo giorno appesi all’anta dell’armadio in bella vista. Grazie a questo intervento la signora ha potuto continuare a vestirsi in modo autonomo.
A questo proposito la dottoressa Gitlin consiglia di dare sempre una doppia scelta alle persone che fanno fatica a scegliere quando messi di fronte a troppe opzioni. In questo modo viene semplificata la decisione mantenendo l’autonomia della persona e si evitano discussioni… prenderò spunto anche io da questi esempi!
In conclusione
Nella parte conclusiva del convegno, la Dottoressa Sandri ha presentato la formazione dei terapisti occupazionali presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, mentre il Dottor Christian Pozzi ha concluso prendendo spunto da alcuni brani del romanzo Still Alice di Lisa Genova.
Il convegno è stato veramente molto interessante, sono stata contenta di aver partecipato. Come ho già detto, la mia esperienza con la terapia occupazionale è stata molto positiva per mio padre e la mia famiglia – penso sia uno strumento davvero utile per chi vive queste difficoltà.
Per quanto riguarda le demenze a esordio precoce come la mia, secondo i dati presentati dalla Dott.ssa Giovanna Zamboni, Professore Associato di Neurologia presso Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e Neurologia presso Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, in tutta la provincia di Modena nel 2019 sono stati rilevati 258 casi in totale tra le persone tra i 30 e i 64 anni, mentre i nuovi casi registrati ogni anno sono 50. Sono numeri importanti che vanno presi in considerazione anche in termini di bisogni specifici di chi è più giovane come me: sarebbe bello se per queste persone venissero organizzassero 2-3 incontri l’anno in presenza, in base al distretto, per conoscersi, condividere le proprie esperienze e “strategie” per affrontare la nostra vita di tutti i giorni.
Simona Ferrari
Per saperne di più:
- L’esperienza di Modena nel contesto della rete dei servizi per le persone con demenza. Andrea Fabbo e Annalisa Baglieri. Luoghi della Cura online, 29 giugno 2019,
- Con la demenza si può vivere bene. Meno farmaci e più socialità, Resto del Carlino, 8 aprile 2022
- Guida per i caregiver di persone con demenza, di Laura N. Gitlin e Catherine Verrier Piersol (2022)
- Effects of the tailored activity program (TAP) on dementia-related symptoms, health events and caregiver wellbeing: a randomized controlled trial. Gitlin, L.N., Marx, K., Piersol, C.V. et al. BMC Geriatr 21, 581 (2021).
- Terapia occupazionale: professione a favore delle persone con demenza e dei loro caregiver, Unità Operativa Disturbi Cognitivi e Demenze, AULS Modena
- Disturbi cognitivi ad esordio giovanile: il percorso dedicato delle Neurologie modenesi, AULS Modena
- Giovanna Zamboni, la professoressa che studia i sintomi misteriosi dell’Alzheimer, Vita Magazine (2022)