La mia esperienza con la musica come terapia contro il dolore

foto piano per articolo musica e dolore
Foto di Wendy Wei (Pexels)

Oggi Simona condivide con noi il suo miglior antidoto al dolore: ascoltare musica, preferibilmente di Giovanni Allevi o di altri autori che hanno il dono di muovere dentro di lei emozioni e sensazioni che fanno stare bene.

Come diceva una famosa pubblicità degli anni ’80: provare per credere!

Grazie Simona e buona lettura a tutt*!

La mia esperienza con la musica come terapia contro il dolore

Novilunio mi ha dato la possibilità di scrivere un testo su una mia piccola esperienza che mi allevia un po’ il dolore e che ho scoperto per caso, allora rieccomi qui!

L’estate scorsa mentre riordinavo il garage oppure mi fermavo in garage a stirare, sentivo il mio vicino di casa al primo piano che suonava il pianoforte. È molto bravo e suona sia musica classica che canzoni pop famose. Mentre lo ascoltavo ho notato che la musica del pianoforte produceva in me una specie di formicolio piacevole che partiva dalla nuca, pian piano si espandeva alla parte sinistra della testa e finiva sulla fronte e sul viso… e mi attenuava il mal di testa che ho di solito!

Per me questa era ed è una nuova sensazione: ho pensato che fosse un vantaggio della mia iperacusia (cerco sempre di trovare il lato positivo, sono un’inguaribile ottimista ☺).

Da allora, appena il mal di testa peggiora, ascolto per almeno dieci minuti la musica di un noto pianista italiano, Giovanni Allevi, e di solito sto meglio. Al momento mi succede con la musica classica del pianoforte oppure del violino, ma piano piano sto facendo altre prove.

Ad esempio ho notato che la stessa sensazione ricompare quando ascolto “Mi alma canta”, canzone che mi ricorda il giorno del matrimonio con Gianni!

Hanno lo stesso effetto alcuni brani di Piovani o Morricone!

W LA MUSICA!  Sono andata a leggermi qualche cosa sull’effetto della musica sulle persone con demenza e ho scoperto che nel capitolo 29 del libro “Musicofilia”, Oliver Sacks parla di Musica ed identità: Demenza e musicoterapia (pagina 392 e 393):

Nelle persone con demenza […] a volte la musica ha effetti più a lungo termine – per esempio miglioramenti dell’umore, del comportamento e perfino della funzione cognitiva – che può persistere anche per ore o giorni, dopo essere stati innescati dalla musica… La percezione della musica e delle emozioni che essa piò suscitare non dipende esclusivamente dalla memoria, e non occorre che la musica sia familiare per esercitare il suo potere emozionale. Ho visto pazienti con demenza profonda piangere o tremare mentre ascoltano musica che non hanno mai sentito prima. Credo che essi possano sperimentare tutta la gamma di sentimenti che proviamo tutti noi. Quando assistiamo a questo tipo di reazioni, riusciamo a riconoscere l’esistenza di un sé al quale fare appello. Anche se è la musica, e solo la musica, può riuscirci.

 Esistono senza dubbio particolari aree della corteccia [cerebrale] collegate all’intelligenza e alla sensibilità musicali, così come esistono forme di amusia [ndr. ovvero, l’ ‘incapacità biologica di comprendere, eseguire ed apprezzare la musica] in cui tali aree sono danneggiate. La risposta emozionale della musica però sembra essere diffusa e probabilmente non è solo corticale, ma anche sottocorticale: perfino nel caso di una malattia che colpisca estesamente la corteccia, come la malattia di Alzheimer, la musica può ancora essere percepita e goduta e suscitare risposte. Non occorre avere una conoscenza formale della musica, né essere dotati di capacità particolarmente “musicali”, per godere di essa e risponderle al livello più profondo.

La musica fa parte dell’umano e non esiste una sola cultura in cui non sia altamente sviluppata e tenuta in considerazione. La sua stessa ubiquità può far sì che nella vita quotidiana esse venga banalizzata: accendiamo la radio, la spegniamo, canticchiamo un motivetto e non le diamo importanza. Ma per quanti sono “persi” nella demenza, la situazione è diversa. La musica per loro non è un lusso, ma una necessità e può avere un potere superiore a qualsiasi altra cosa nel restituirli, seppure soltanto per poco, a se stessi e agli altri.

Ho sempre amato tanto la musica fin da bambina: la ascoltata prima alla radio, poi con il giradischi o con il walkman in casa. Quando andavo alle scuole medie, mi ha aiutato una prof. bravissima che ci ha insegnato l’inglese con la musica dei Beatles e dei Police. Poi il mio amore per la musica è proseguito ascoltando Battiato, Dalla, Guccini, Mina, Vecchioni, Pino Daniele, Ligabue e tanta radio in casa mentre crescevo, nei mitici anni ‘80 e ‘90. Ho iniziato ad andare a qualche concerto con Gianni ed i nostri amici negli anni ’90. Ad esempio siamo andati a vedere Pino Daniele (fantastico!), Ramazzotti e Jovanotti; Lucio Dalla, strepitoso dal vivo!

La musica dal vivo smuove tanto le mie emozioni e ai concerti piango spesso. Per me è liberatoria!

Da quando ho ricevuto la diagnosi, sono andata a due concerti dal vivo e ho notato che le sensazioni sono più intense rispetto a prima. Anche gli effetti benefici durano qualche giorno: sono più di buonumore perché il ricordo dell’esperienza mi rende felice.

L’ultimo concerto a cui sono andata è stato di Giovanni Allevi, ed è stato strepitoso! Mi ha colpito una frase che Allevi ha detto durante il concerto: “e se il dolore tornerà, lo trasformerò in musica!”. Senza parlare dell’’atmosfera magica ed antica del teatro Regio di Parma dove si è tenuto il concetto… Gioia pura!!!

Ecco due link molto interessanti che ho trovato: