Oggi ho il piacere di pubblicare un articolo scritto dalla nostra consigliera e socia volontaria Simona Ferrari in cui si parla del nostro gruppo di auto mutuo aiuto online per persone con disturbo neurocognitivo o demenza.
Al termine dell’articolo di Simona, segue un approfondimento sul valore dei gruppi di auto mutuo aiuto per le persone con demenza, sia dal nostro punto di vista che secondo le evidenze emerse in questi ultimi anni.
Buona lettura!
Eloisa Stella
IL NOSTRO GRUPPO MI AIUTA AD ANDARE AVANTI
Nei giorni scorsi Eloisa mi ha chiesto di parlare del nostro gruppo del lunedì e allora mi sono precipitata a mettere in ordine le sensazioni finché sono “fresche”, con le mie parole semplici che mi arrivano dal cuore!
Innanzitutto chi siamo: c’è Eloisa che facilita il gruppo ed è la presidente di Novilunio APS; a volte c’è anche Cristian, vicepresidente il quale, insieme ad altri collaboratori, dà supporto alle persone con disturbi neurocognitivi e ai loro familiari-caregiver. L’associazione per me è una seconda famiglia, insieme agli altri sei componenti del nostro gruppo. Io aiuto un po’ Eloisa nella facilitazione e nella preparazione dei materiali da discutere in gruppo, nel limite delle mie possibilità cognitive.
Con il gruppo ci troviamo ogni lunedì mattina dalle 11 alle 12 utilizzando la piattaforma di videoconferenze “Zoom”. Eloisa ci trasmette il link di Zoom tramite mail un paio d’ore circa prima di collegarci. Man mano che ci colleghiamo, ci salutiamo e iniziamo a fare due chiacchiere, aspettando che arrivino gli altri. Durante la prima parte dell’incontro, ci raccontiamo come stiamo, come ci sentiamo, come è andata la settimana precedente, ci sosteniamo a vicenda, magari con qualche consiglio, se siamo in difficoltà… appunto, facciamo auto mutuo aiuto. Dopodiché si passa all’argomento di approfondimento che viene preparato da me ed Eloisa durante la settimana. Di solito scegliamo argomenti in base alle richieste del gruppo. Altre volte invece è Eloisa a proporre il tema da discutere.
Ad esempio, lo scorso autunno e parte dell’inverno abbiamo parlato di strategie per vivere meglio la nostra vita quotidiana. L’abbiamo fatto traducendo in italiano e discutendo insieme il manuale My Life My Goals, un bellissimo strumento scritto da persone con demenza in collaborazione con la professoressa Linda Clare e il suo team dell’Università di Exeter, nel Regno Unito. È un manuale di auto-aiuto che incoraggia le persone con difficoltà cognitive a fissare obiettivi personali e raggiungibili attraverso un vero e proprio schema di pianificazione di tutte le azioni da eseguire. Ad esempio, seguendo questo schema, l’anno scorso ho messo in pratica un piano per dare le tinte alla mia camera matrimoniale, suddiviso passo dopo passo, e ha funzionato! Quando ho finito di dipingere sono stata veramente contenta, è stata una grande soddisfazione!
Dopo aver discusso insieme il manuale My Life My Goals, Eloisa ha proposto la discussione del manuale “Supportive Memory Guide: Empowering you with practical tips and useful technologies” (ndt. Guida di supporto alla memoria per incoraggiarti con piccoli suggerimenti e tecnologie utili), scritto da un gruppo di terapisti irlandesi per persone con demenza. Anche in questo caso, lo abbiamo tradotto e presentato al gruppo in vari incontri. Il manuale è molto funzionale e pratico perché spiega diverse strategie per organizzarsi meglio nella vita di tutti i giorni. Ad esempio consiglia di programmare la propria vita tenendo un diario o planning settimanale che aiuta a orientarsi meglio nel tempo e nello spazio. Aiuta cioè a ricordarsi i propri impegni passati e futuri. Questo per me è un aspetto fondamentale per vivere una vita che si avvicina di più a quella che ho vissuto negli anni prima della diagnosi. Consiglio questo strumento vivamente per non perdersi con i tempi, che altrimenti si dilungano a dismisura.
Prendendo spunto dal manuale, Eloisa ha anche parlato di quanto sia importante tenere un’agenda annuale e o un diario personale in cui scrivere un po’ tutti i giorni per esprimere le nostre emozioni. So che non è per tutti, alcuni di noi fanno fatica a scrivere ma, per me che ho potuto seguire anche questo consiglio, il diario mi serve nei momenti di nervosismo.
Insieme al gruppo abbiamo parlato anche di molti altri argomenti: audiolibri e podcast per chi fa fatica a leggere, musica, viaggi, stimolazione cognitiva in base ai nostri gusti personali. Abbiamo anche parlato di tecnologie che aiutano a ricordare di prendere i medicinali o gli appuntamenti (sul telefono).
Quando non riesco a collegarmi con il gruppo per una serie di imprevisti mi sento un po’ più triste. Secondo me ogni incontro è un bellissimo modo per iniziare con positività la settimana. È un appuntamento che mi fa sentire libera di esprimermi con persone sensibili che mi comprendono.
Spesso ci facciamo due risate, che aiutano tanto. A volte ci sono i momenti tristi… per me è uno spazio dove riprendersi anche dalle ferite delle incomprensioni familiari, a volte è proprio dura farsi capire.
L’aspetto più interessante del gruppo è che non ci si sente giudicati. E’ un momento speciale di condivisione delle nostre emozioni che mi dà la forza di andare avanti. Ogni incontro è un’occasione di arricchimento culturale, morale ed un incoraggiamento a non deprimersi.
Lo consiglio vivamente alle persone che hanno appena ricevuto una diagnosi, proprio per la ricchezza di strumenti che ho trovato per vivere meglio nonostante le difficoltà della malattia con cui convivo.
A volte faccio fatica a parlare, mi si aggrovigliano i pensieri e non mi escono le parole giuste, scusatemi… e grazie di cuore a tutto il gruppo per le belle emozioni che mi date!
Modena, 31 agosto 2023
Simona Ferrari
Uno strumento efficace di inclusione e partecipazione
Prima di parlare del valore e del ruolo dell’auto mutuo aiuto in ambito post-diagnostico, è opportuno fare una premessa: le persone che ricevono oggi una diagnosi di demenza stanno cambiando. Come abbiamo già scritto nell’introduzione del manuale per facilitatori “Vivere bene con la demenza” (edito da Erickson):
“Le persone che vengono diagnosticate nelle primissime fasi di una demenza o disturbo neurocognitivo maggiore sono sempre di più, e lo sono per molti motivi. Prima di tutto le tecnologie diagnostiche sono più accurate rispetto a qualche anno fa, e per questo in grado di identificare con maggiore tempestività un eventuale processo neurodegenerativo […] Grazie a diagnosi più raffinate e tempestive è emersa una nuova generazione di pazienti […] che si rivolgono ai Centri di Decadimento Cognitivo e Demenze (CDCD) con sintomi molto più lievi della loro malattia. Questo è un cambiamento importante nell’evoluzione epidemiologica delle demenze perché si tratta di persone che hanno livelli di consapevolezza molto più alti rispetto a chi riceveva la diagnosi negli ambulatori delle vecchie Unità di Valutazione Alzheimer (termine coniato oltre due decenni fa, con l’avvio del Progetto Cronos). Sempre più spesso, chi riceve una diagnosi oggi vive solo alcune conseguenze della perdita o cambiamento delle proprie funzioni cognitive, ma è perfettamente in grado di comprendere quello che sta succedendo. Magari non ne parla volentieri, oppure non ne vuole parlare per niente, come spesso ci raccontano sia i loro familiari sia le stesse persone con demenza.”.
In altre parole, chi riceve una diagnosi oggi ha bisogno di un supporto diverso rispetto alle generazioni di pazienti di ieri. Innanzitutto, ha maggior bisogno di elaborare l’impatto emotivo di quello che sta succedendo. In secondo luogo ha bisogno di attivare strategie di coping e compensazione per limitare i rischi associati al deterioramento neurocognitivo e allo stesso tempo coltivare benessere e autonomia nella sua vita di tutti i giorni.
Da dove siamo partiti
Quando quasi 10 anni fa abbiamo cominciato a riflettere su questi aspetti, ci siamo accorti che il modo migliore per rispondere a questi nuovi bisogni era seguire le orme di chi stava già investendo sul punto di vista delle persone con demenza. Ecco perché, quando abbiamo scoperto l’associazione internazionale Dementia Alliance International, abbiamo capito di aver trovato la nostra musa.
La nascita dei nostri gruppi di auto mutuo aiuto è infatti stata in larga parte ispirata proprio dall’esperienza dei membri dell’associazione Dementia Alliance International (DAI) che dal 2014 organizza gruppi di auto mutuo aiuto online aperti a persone con demenza da tutto il mondo. Grazie all’impegno dei loro fondatori, tra cui Kate Swaffer e Richard Taylor, i gruppi DAI sono diventati un luogo di ritrovo e supporto preziosissimo per centinaia di persone in ogni continente.
Per DAI, l’auto mutuo aiuto rappresenta una forma di supporto insostituibile perché permette a chi partecipa di confrontarsi con i vissuti di altre persone che vivono circostanze simili:
“Mentre la famiglia e gli amici, oltre ai professionisti che lavorano nel campo delle demenze, possono offrire un certo livello di supporto, in realtà non sanno veramente come ci sentiamo, o anche come può a volte essere difficile vivere la nostra vita. Poiché molte delle disabilità causate dalla demenza sono invisibili o altalenanti, per chi non ha una demenza è difficile comprendere veramente la nostra esperienza quotidiana e le difficoltà che ne derivano”. (Fonte: sito DAI)
I benefici dell’auto mutuo aiuto individuati dai membri DAI includono:
- Offrire un luogo sicuro per discutere le frustrazioni di vivere con demenza.
- Ridurre l’isolamento sociale.
- Offrire un luogo dove sentirsi al sicuro, ma anche dove ci si può divertire e condividere le gioie e i dolori della vita con la demenza!
- Ridurre l’apatia e la depressione.
- Rafforzare la motivazione.
- Dare la dimostrazione concreta a chi ha ricevuto una diagnosi recente che non è solo/a.
- Aiutare i membri del gruppo a sviluppare nuove competenze insieme agli altri.
- Adattare o elaborare nuove strategie per convivere meglio con le proprie difficoltà
- Aiutare e supportare i membri del gruppo a superare gli ostacoli e le barriere di accesso ai servizi di supporto o a cercare alternative.
- Offrire alle persone la possibilità di ‘aprirsi’ e discutere la loro situazione e i loro vissuti.
- Discutere di aspetti pratici della vita quotidiana, quali ad esempio la guida, come adattarsi ai cambiamenti nello stile di vita, come gestire e convivere con i sintomi della demenza e altre disabilità cognitive.
- Fornire nuove strategie di coping – ad esempio, nuovi modi per affrontare la vita imparando dalle esperienze reciproche.
- Fornire strategie per contrastare lo stigma associato con demenza.
- Condividere strategie per gestire lo stress.
Un po’ di esperienze internazionali
Negli ultimi anni diversi studi hanno identificato nell’auto mutuo aiuto per le persone con demenza una forma di supporto importante capace di ridurre la solitudine e l’isolamento e migliorare il benessere complessivo dei partecipanti (ad esempio, vedi Theurer et al., 2015; Willis et al., 2016; Femiola and Tilki 2017).
L’auto mutuo aiuto funziona anche dal punto di vista economico. Secondo uno studio del 2016 effettuato su tre tipologie di gruppi locali attivati in Inghilterra, il valore sociale ottenuto è maggiore del costo dell’investimento richiesto per attivare queste forme di aiuto (Willis et al. 2016). Anche se lo studio in questione è limitato in termini di dati quantitativi, rappresenta un’evidenza che ci sembra importante per chi deve organizzare servizi di supporto post-diagnostico.
Da notare che questi vantaggi non sono stati solo dimostrati quando i gruppi erano costituti da persone con una diagnosi di Alzheimer, ma sono stati accertati anche quando le persone avevano diagnosi più rare, quali ad esempio demenze frontotemporali, afasia progressiva primaria, demenze a esordio precoce e altre demenze rare. Ad esempio, secondo uno studio centrato sui gruppi di persone con afasia primaria progressiva, quando gli incontri includono anche momenti educazionali e formativi i benefici includono miglioramenti nelle capacità di coping con le difficoltà di linguaggio, miglioramenti nelle capacità di resilienza attraverso la condivisione di strategie compensative, atteggiamenti più aperti nel parlare della propria diagnosi in relazione allo stigma, miglioramenti nella fiducia in se stessi e nel senso di appartenenza (Morhardt et al. (2019).
Da quello che emerge nella letteratura scientifica sembrerebbe che non c’è un vero e proprio modello di riferimento che regola le caratteristiche dei gruppi auto mutuo aiuto attivati in tutto il mondo (Sullivan et al 2022; WHO 2019; Örulv 2017). Secondo il report redatto dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) del 2019, dal titolo “Peer support groups by and for people with lived experience: WHO QualityRights guidance module”, la varietà dei gruppi può infatti riguardare sia la tipologia dei partecipanti (ad es. ci sono gruppi per sole donne o soli uomini con demenza, gruppi caratterizzati da etnia, religione o genere diversi, gruppi per persone con specifiche tipologie di diagnosi, gruppi per persone con demenze a esordio precoce, ecc.), sia gli scopi che i contenuti e le attività che caratterizzano gli incontri.
Ad esempio, alcuni gruppi sono più centrati su temi che riguardano il benessere, altri su attività formative, artistiche o tecnologiche, altri ancora su attività di valorizzazione autobiografica o life stories, altri che invece sono specializzati nel condividere strategie per migliorare la propria vita quotidiana, altri ancora dedicati a interessi specifici quali hobby, attività significative ecc. Ci sono poi gruppi che invece preferiscono essere meno strutturati e preferiscono dare spazio ai vissuti dei partecipanti nel qui e ora.
Quello che però rimane un caposaldo dell’auto mutuo aiuto, a prescindere dalla loro impostazione, è il rapporto tra chi facilita e i membri del gruppo. In questi gruppi chi facilita decide le attività e gli scopi del gruppo insieme ai partecipanti, in un’ottica di massima inclusione e condivisione delle responsabilità. Ognuno partecipa con la sua esperienza, con le sue competenze e il suo punto di vista nelle decisioni che riguardano il gruppo.
Spesso questi gruppi funzionano anche da “trampolino di lancio” per dare vita a tavoli di lavoro o altre iniziative in cui le persone con demenza mettono a disposizione la propria esperienza sul campo per contribuire a progetti di ricerca o sviluppare nuove iniziative e servizi diretti a persone con demenza. Femiola e Tilki (2017) hanno analizzato queste dinamiche rilevando quanto il bisogno di sentirsi utili e attivi spinga molte persone con demenza a mettersi in gioco per migliorare le loro comunità.
L’auto mutuo aiuto nell’era digitale
Se nel 2014 l’esperienza dei membri DAI con l’auto mutuo aiuto online era una novità, oggi (anche a seguito della pandemia) ritrovarsi in videoconferenza è diventata una pratica più diffusa anche per le persone con demenza di altre organizzazioni e realtà. Anche in questo caso,
Una delle evidenze più frequenti che emerge dagli studi centrati su questa forma di auto mutuo aiuto è che offre la possibilità di stabilire nuovi legami sociali e forme di supporto particolarmente preziosi per chi non riesce ad accedere ad altre forme di aiuto locali. Come ha osservato anche Simona, per molti questa è un’esperienza importante che dà sollievo e speranza allo stesso tempo. Ad esempio, in uno studio effettuato da Gerritzen et al. (2023) alcuni partecipanti hanno commentato:
“Ti senti come se stessi perdendo te stesso e vivi esperienze che non riesci bene a discutere con altre persone, oppure ti senti a disagio nel parlarne. Qui invece (nel gruppo) non ti senti a disagio perché le persone ti capiscono. Sono sulla tua stessa lunghezza d’onda”.
“Quando vedi qualcuno che va avanti con la sua vita quotidiana, facendo tante cose nonostante la diagnosi, ti dà speranza ad andare avanti a tua volta dandoti da fare.”
Per quanto pratico e conveniente, il gruppo online però non è una panacea. La nostra esperienza finora ha dimostrato che questa forma di supporto è particolarmente utile per le persone che stanno vivendo una fase iniziale o moderata della loro diagnosi. Quando le difficoltà di comunicazione e attenzione diventano troppo importanti (ad es. interferiscono con la possibilità di interagire con gli altri e seguire le conversazioni del gruppo) è più opportuno utilizzare altre forme di supporto, di gruppo o individuali, in presenza.
L’altro limite importante riguarda il livello di alfabetizzazione digitale. Chi ha un basso livello di conoscenza delle tecnologie digitali rischia di venire escluso. E’ il caso di almeno la metà dei partecipanti al nostro gruppo che per ogni incontro dipendono dal “supporto tecnico” di un familiare o un amico per collegarsi con Zoom.
Anche la qualità delle interazioni è diversa rispetto agli incontri di persona. E’ innegabile che ritrovarsi in videoconferenza ingessi un po’ le conversazioni, a volte rendendole meno spontanee. Tuttavia, da quello che abbiamo imparato finora, è soprattutto una questione di pratica. Nel tempo abbiamo notato che, dopo un po’ di fatica iniziale, le persone si abituano a guardarsi nelle piccole finestrelle della schermata video e parlare con sempre più tranquillità. È un piccolo adattamento che diventa più semplice con ogni incontro.
Negli anni abbiamo anche scoperto che aiuta tantissimo integrare gli incontri online con eventi periodici in presenza. Ritrovarsi tutti sotto uno stesso tetto permette alle persone di rafforzare i legami e sentirsi più liberi e spontanei nell’esprimere se stessi. Da questi incontri ne usciamo tutti più motivati e felici di esserci conosciuti.
Fonti
- Cheston, R. e Marshall A., “Vivere bene con la demenza. Manuale per facilitatori”. A cura di Borella E., Pradelli S., Stella E. Centro Studi Erickson, 2021.
- Dementia Alliance International, “The Value of the DAI peer to peer support as part of the post-diagnostic pathway for all people diagnosed with dementia”. https://dementiaallianceinternational.org/blog/the-value-of-the-dai-peer-to-peer-support
- Femiola, C. and Tilki, M. (2017), “Dementia peer support: service delivery for the people, by the people”, Working with Older People, Vol. 21 No. 4, pp. 243-250. https://doi.org/10.1108/WWOP-08-2017-0020
- E.V. Gerritzen, O. McDermott & M. Orrell (2023): Online peer support: views and experiences of people with young onset dementia (YOD), Aging & Mental Health, DOI: 10.1080/13607863.2023.2205833
- Morhardt DJ, O’Hara MC, Zachrich K, Wieneke C, Rogalski EJ. Development of a Psycho-Educational Support Program for Individuals with Primary Progressive Aphasia and their Care-Partners. Dementia. 2019;18(4):1310-1327. doi:10.1177/1471301217699675
- Örulv, Linda. “Self-help, mutual support and advocacy: Peers getting together.” Living with Dementia: Relations, Responses and Agency in Everyday Life. London: Palgrave (2017): 168-187
- Sullivan MP, Williams V, Grillo A, et al. Peer support for people living with rare or young onset dementia: An integrative review. Dementia. 2022;21(8):2700-2726. doi:10.1177/14713012221126368
- Theurer K., Mortenson W. B., Stone R., Suto M., Timonen V., Rozanova J. (2015). The need for a social revolution in residential care. Journal of Aging Studies, 35, 201–210. https://doi.org/10.1016/j.jaging.2015.08.011
- Willis E., Semple A. C., De Waal H. (2016). Quantifying the benefits of peer support with dementia: A social return on investment study. Dementia, 17(3), 266–278. https://doi.org/10.1177/1471301216640184
- World Health Organization. “Peer support groups by and for people with lived experience: WHO QualityRights guidance module.” (2019).