L’esperienza della diagnosi: Oltre l’abbandono e il tabù

Per concludere il mese mondiale dedicato all’Alzheimer e alle altre demenze, pubblichiamo un video prodotto dall’Alzheimer Society of Ireland agli inizi di quest’anno. Il breve film ha l’obiettivo di incoraggiare gli operatori sanitari – dai medici di base agli specialisti che operano in ambito demenze – a superare la barriera del silenzio che contribuisce a generare un clima di disperazione e abbandono nelle famiglie che affrontano la realtà di questa malattia.

Nel video, tre rappresentanti del Gruppo di Lavoro irlandese delle persone con demenza – Kathy Ryan, Ronan Smith e Anne McGeown –  spiegano come hanno vissuto l’impatto della diagnosi. Per Kathy, il tentativo dei medici di mascherare la sua diagnosi ha in qualche modo amplificato negativamente il potere della parola “Alzheimer”. Dal punto di vista sociale, tacere una diagnosi ha la stessa funzione di un tabù: il negare o occultare l’evidenza alimenta la paura, la vergogna e il senso di colpa e impedisce a chi ne ha bisogno di chiedere aiuto.

Nel video ci sono anche le testimonianze di due figli che raccontano come la loro esperienza della diagnosi sia stata aggravata dal senso di abbandono che hanno vissuto quando hanno scoperto che l’unica informazione messa a loro disposizione era quel foglio di carta che diceva “diagnosi: demenza”. L’assenza di informazioni coordinate e  condivise da tutti i responsabili della filiera “demenza” è un enorme problema anche nel nostro Paese. Per qualche ragione strana che ancora mi sfugge, chi fa la diagnosi non si sente responsabile di informare i propri pazienti sui servizi territoriali disponibili. Ma nemmeno chi si occupa di altri aspetti post-diagnostici difficilmente passaparola su altri servizi che potrebbero aiutare le famiglie. Eppure, per quanto eterogenee e frammentate, in tutte le regioni italiane esistono strutture pubbliche deputate all’assistenza socio-sanitaria pre- e post-diagnostica. Così come esistono diversi sportelli pubblici (collegati alle ASL locali o alle municipalità) e associazioni che forniscono diversi servizi di supporto (informazione, sostegno psicologico, riabilitazione, assistenza domiciliare, ecc.) sia per le persone con demenza che per i familiari. Che senso ha non passareparola in un ambito dove già c’è così tanta disperazione?

Per incoraggiare gli operatori sanitari a offrire maggior sostegno ai loro pazienti in carico, l’Alzheimer Society of Ireland ha creato un sito, Dementia Pathways (http://dementiapathways.ie), che mette a loro disposizione una corposa raccolta di risorse facilmente scaricabili. Per esempio, il grafico qui sotto è una mappa di orientamento post-diagnostico che individua le aree di intervento e bisogno da una prospettiva bio-psico-sociale:

Mappa post-diagnosi
In questa mappa, sono illustrate le aree di bisogno e intervento di una persona che ha appena ricevuto una diagnosi di demenza. La mappa è rivolta ai medici di base per aiutarli ad attivare invii ai servizi territoriali disponibili nelle loro comunità. Fonte: Dementia Pathways – Post Diagnostic Support

Dal centro della mappa in cui è posto l’obiettivo generale dell’intervento: la valutazione dei bisogni (assessment of needs) della persona con demenza (1.1), si procede in senso orario con le diverse aree di bisogno:

  • 1.2 Information and advice: Informazione e consigli/consulenza (es. comprensione dei cambiamenti in atto, conoscenza della malattia, gestione dei sintomi e del loro impatto sulle attività della vita quotidiana)
  • 1.3 Home supports: Asssistenza domiciliare (es. adattamenti ambientali, strategie occupazionali, ecc.)
  • 1.4 Social services: Assistenza sociale (es. nei casi di disagio economico, relazionale, pratico o assistenziale, ecc.)
  • 1.5 Primary Care Team: Cure primarie territoriali (es. terapie riabilitative e di supporto – terapia occupazionale, fisioterapica, stimolazione e riabilitazione cognitiva, supporto psicologico, ecc.)
  • 1.6 Medication management: Gestione degli aspetti farmacologici (es. monitoraggio impatto, effetti collaterali ed eventi avversi derivanti da prescrizioni di inibitori della colinesterasi (Donepezil (Aricept), Rivastigmina (Exelon), Galantamina (Reminyl) oppure da psicofarmaci).
  • 1.7 Legal Issues: Aspetti legali (es. amministratore di sostegno, disposizioni anticipate di trattamento, testamento, ecc.)
  • 1.8 Impact of the diagnosis: Impatto della diagnosi (es. supporto psicologico per affrontare l’impatto della diagnosi, gruppi di sostegno e di auto mutuo aiuto, percorsi psico-educativi di consapevolezza e comprensione).

Nel sito, a ogni voce corrisponde una serie di informazioni e approfondimenti per guidare i medici di base e altri operatori sanitari a comprendere che tipo di risposte fornire, quando e con chi modalità.

Proprio ieri, dopo aver letto la lettera alle persone di potere di Wendy Mitchell che abbiamo pubblicato venerdì scorso, mia madre mi ha chiesto: ma insomma, cosa chiedete in  pratica? Ecco mamma, chiediamo che ogni persona con demenza, insieme alla sua famiglia, quando riceve la diagnosi della sua malattia sia informata e abbia accesso ai servizi appena elencati. In assenza di un farmaco risolutivo della demenza, ci “accontentiamo” di un supporto adeguato ai bisogni reali che aiuti le famiglie a sentirsi meno sole e in balia della disperazione.

Ne approfitto per ricordare un paio di risorse italiane che sono sulla stessa lunghezza d’onda di questo messaggio:

Altri video sull’argomento: